Siamo davvero capaci di dialogare?
Da quando scrivo per l’Unione informa ho sempre cercato di evitare i botta e risposta (che i lettori non possono seguire agevolmente e a cui non si possono appassionare) e non ho quasi mai parlato di Israele (salvo riflessioni puramente soggettive e personali), ritenendo che i collaboratori israeliani della newsletter siano molto più qualificati. Non ho fatto eccezione neppure la settimana scorsa, visto che il punto focale del mio intervento non era Israele ma l’apertura a tutti di questa newsletter, e il mio scopo non era di attaccare un intervento ma di difenderne un altro (di Giorgio Gomel) contro il quale era stata invocata la censura. Ho avuto però l’ingenuità di osservare che la proposta di censura mi sembrava tanto più paradossale in quanto l’intervento criticato sarebbe stato, secondo me, condiviso dalla maggioranza degli israeliani, anche se magari senza troppo entusiasmo (chiedo scusa a Giorgio Gomel per aver usato l’infelice immagine del turarsi il naso). E’ stata un’ingenuità perché non era questo il punto essenziale: se anche l’opinione di Gomel fosse stata davvero minoritaria, o addirittura solo sua, non avrebbe avuto altrettanto diritto di cittadinanza nel dibattito tra gli ebrei italiani?
Nessuno ha spiegato perché invece l’Unione informa dovrebbe censurare gli interventi, con quali criteri si dovrebbe decidere quali pezzi siano da censurare, a chi dovrebbe spettare il diritto di esercitare la censura, ecc. Avrebbe forse potuto nascerne un dibattito interessante. Viceversa, gli insulti e gli attacchi personali sono un mezzo per impedire ogni possibile dialogo. Ma sarebbe utile per l’ebraismo italiano una newsletter in cui solo alcuni possono scrivere e tutti devono sempre concordare su tutto? Perché si dovrebbe perdere tempo a leggerla solo per trovare conferma delle proprie opinioni? Cosa dovrebbe fare chi è stato censurato? E ancora: chi decide? Il consiglio dell’UCEI? E se poi tra quattro anni cambia la maggioranza? I censurati di oggi invocherebbero a loro volta la censura? Mi sembra uno scenario da incubo, ma mi auguro che nessuno davvero auspichi questo.
Anna Segre, insegnante