…potere

“Ogni esecuzione di cui egli è responsabile gli conferisce una certa forza: la forza del sopravvissuto. Le sue vittime non devono necessariamente essersi schierate contro di lui, esse avrebbero potuto farlo. La sua angoscia le trasforma in nemici che lo hanno combattuto. Li ha condannati, sono stati uccisi: egli è sopravvissuto loro”. Sono le parole con cui Elias Canetti in “Masse e potere” (all’inizio del capitolo “Il sopravvissuto”) descrive la condizione di potenza di chi si sente padrone delle vite degli altri e dunque si sente sopravvissuto non perché scampato a una condizione precedente di persecuzione e di prigionia, ma perché nell’atto di dare loro la morte vede riaffermato il potere di cui si sente legittimo depositario. Il senso di quel potere riguarda la possibilità di dare la morte, ma anche, per vie imperscrutabili, di lasciare in vita, ovvero di dare la grazia. A Utoya, come da manuale, Anders Breivik ha distillato morte e grazia, sentendosi come Dio. C’era il delirio nazista in quella scena e in quella testa, ma c’era anche la convinzione di “dare e prendere la vita”, sostituendosi a Dio e sentendosi come Dio. Forse dovremmo riflettere anche su questo secondo modulo. Non meno terrificante dell’altro.

David Bidussa, storico sociale delle idee