Davar acher – Ballando sul Titanic

Spigolatura di notizie degli ultimi due o tre giorni: a Venezia, profanato con svastiche il cimitero ebraico. A Jedwabne, nella Polonia orientale, distrutto il monumento ai 340 ebrei che nel luglio 1941 furono concentrati in un fienile in questa localita’ e bruciati vivi da un commando nazista, con la partecipazione della popolazione polacca del luogo.
In Francia, la parola “Shoà”, se non proprio la cosa stessa, è bandita dai libri di scuola, per decisione del Ministero dell’Istruzione. Bisogna dire pudicamente “anéantissement”, distruzione, che oltre a essere una brava parola francese, fa mano paura, è più normale – chi, che cosa non è distrutto prima o poi nella storia?
In Germania il premio Nobel Guenther Grass dichiara che in fondo non c’è troppa differenza fra la Shoà e la morte di stenti dei soldati tedeschi fatti prigionieri alla fine della Seconda Guerra mondiale (che non è negare tanto l’unicità del genocidio subito dagli ebrei, ma la sua volontarietà e programmazione, argomento di tutti i negazionismi). In Gran Bretagna, un concerto della Filarmonica di Israele alla Royal Albert Hall è stato impedito dalla contestazione di un gruppo di scalmanati. In Turchia, il governo che è stato sonoramente smentito dal rapporto Palmer sugli incidenti della flottiglia di un anno fa, minaccia Israele di tutti i mali, compreso uno scontro navale se vi sarà una prossima flottiglia. A Tel Aviv, tre giorni fa, vi è stata l’ennesima caccia al civile disarmato da parte di un terrorista palestinese. Da Gaza si sparano continuamente razzi sui villaggi ebraici dentro a Israele, senza che il mondo si agiti più che tanto. In Italia si pubblicano liste di ebrei. Si potrebbe continuare a lungo.

Difficile negare che l’antisemitismo sia in piena forma e abbia ormai travolto la barriera di ritegno imposta per qualche decennio dal ricordo della Shoà. Essere antisemiti, con o senza la maschera dell’antisionismo, è ormai più o meno normale. Insultare il prossimo dandogli dell’ebreo è così comune che non si nota più. Sostenere che Israele è la fonte di tutti i mali è più o meno ovvio. Non lo fanno solo gli estremisti o le star avvinazzate, sono luoghi comuni, diffusi, condivisi. Chi prova quotidianamente a contrastarli vede nei propri interlocutori comuni, non militanti, incredulità e sconcerto, prima ancora che polemica: come, credi davvero che Israele non sia uno stato criminale e che gli ebrei non si siano trasformati in nazisti? Ma allora devi essere un fanatico un po’ matto…
E naturalmente, come sempre nella storia, ci si mettono anche gli ebrei che hanno interiorizzato l’odio degli antisemiti o pensano di riuscire più accettabili insultandosi da sé. Così negli ultimi giorni il sociologo “liquido” Zygmund Bauman (“Il muro di Betlemme mi ricorda quello del ghetto di Varsavia”) e costantemente l’ebreo da teatro Moni Ovadia che ha costruito la sua immagine sugli insulti più volgari (“stupidi”, “fanatici”, “razzisti”, “colonialisti”, “sgherri”, “banda bassotti”, “rambo” ecc.) a Israele e al suo governo.

E’ un clima di assedio progressivo, apparentemente focalizzato sullo stato di Israele. Il prossimo passo importante sarà la battaglia all’Onu sul riconoscimento di uno stato palestinese che farà saltare definitivamente il quadro degli accordi di Oslo. E’ sicuro che questa battaglia sarà persa, il problema è il come e soprattutto quel che ne seguirà. Ma non si capisce il perché dell’odio antisraeliano così diffuso nel mondo se non si vede che Israele da sempre è il nome collettivo degli ebrei e che oggi lo si colpisce “a prescindere” dalle ragioni e dai torti come una volta si facevano i pogrom su accuse ridicole senza badare affatto al loro fondamento.

E’ in questo quadro che oggi si celebra una giornata europea della cultura ebraica dal titolo non si capisce se più ridicolo o iettatorio. Per favore, qualcuno spieghi che significa “Ebraismo 2.0”. L’attributo numerico 2.0 di solito si applica a programmi informatici che sono stati riscritti per superarne i difetti, come ha raccontato anche David Piazza nel suo blog. E’ così? Qualcuno ha riscritto la Torah senza che ce ne accorgessimo? Per renderla più moderna? Ha trasformato un gran libro di discussioni e deliberazioni come il Talmud in un sito web senza dircelo? Con le musichette e le animazioni Java? Per carità, nessuno ha fatto questo, come nessuno dice di voler offrire tribune agli antisemiti. Lo si fa così, senza badarci, per riuscire più popolari, per sembrare aggiornati e fare il “tutto esaurito”, per offrire una faccia popolare e simpatica, per sostituire le barzellette sugli ebrei raccontate da ebrei che sono divertenti (ma Freud ha spiegato che servono a parare un po’ l’aggressività, che sono l’altra faccia dell’antisemitismo) alla Torah che sarà anche un gran libro, ma in fondo è un po’ noiosa e andrebbe proprio riscritta: ebraismo 2.0, magari a fumetti e con barzellette su Moshé. Un ballo del Titanic. Un suicidio grottesco. Come disse più o meno una volta il grande politico francese Talleyrand, è qualcosa di peggio di un crimine, è un errore.

Ugo Volli