…Bauman
Il sociologo Zygmunt Bauman ha rilasciato giorni fa un’intervista al settimanale polacco Politika in cui esprime il suo pensiero su Israele. Secondo Bauman, gli israeliani hanno paura della pace come di una delle piaghe d’Egitto; sarebbero terrorizzati se cessasse la pioggia di missili da Gaza sulle loro città perché sono incapaci di vivere senza la guerra; sfruttano la shoah come un giustificativo delle loro proprie azioni; e la barriera divisoria che hanno costruito con la Cisgiordania è come il muro del ghetto di Varsavia (dove sono morti centinaia di migliaia di ebrei). La voce di Bauman è molto influente. C’è chi pensa che è capace come pochi altri intellettuali – più precisamente: come i veri intellettuali – di esprimere con poche parole la sintesi essenziale e ineludibile di un problema senza girare molto intorno alle questioni. Nato nel 1925 in una famiglia ebraica abbastanza sionista nella parte di lingua tedesca della Polonia, scampato alla guerra nell’URSS, studi universitari marxisti, una carriera nei servizi fino al rango di maggiore, poi professore a Varsavia, nel 1968 disertava in occidente, ossia… in Israele, dove insegnava per alcuni anni per poi trasferirsi definitivamente in Inghilterra. Nelle grandi discussioni su cultura ebraica, identità e politica credo sia importante individuare chi siano i capiscuola delle idee fondanti e discutere direttamente con loro. Ma è anche importante rintracciare la filiera che lega queste idee, in apparenza potenti e universali, alle loro esperienze personali, alle paure, alle frustrazioni, agli egoismi, ai narcisismi, agli indottrinamenti, alle rimozioni delle persone che le propongono. Si capirà allora meglio anche da dove arrivano certi discorsi di piccolo cabotaggio di cui si è molto parlato in Italia durante la settimana della cultura ebraica.
Sergio Della Pergola, Università Ebraica di Gerusalemme