amén…
Nel capitolo 27 di Devarìm, che abbiamo letto a Shabat, viene descritta una particolare cerimonia che dovrà svolgersi appena il popolo entrerà nella terra di Israele. Nel corso di questa cerimonia, il popolo intero, diviso tra due montagne, il Gherizìm e l’Evàl che sono una di fronte all’altra, i membri della comunità si vedono gli uni con gli altri. Tutti devono rispondere “Amén” a dei versi di benedizione e di maledizione che condannano la trasgressione di certi divieti, undici particolari, e uno generale. “Amén” come segno di adesione a quelli che si possono considerare principi fondanti di una società. In una società mediatica e planetaria come la nostra dove ognuno ha l’illusione di essere contemporaneamente in rapporto con l’umanità intera, la tradizione ebraica ci offre una dimensione di una società più intima che consente ai suoi membri di riconoscersi gli uni con gli altri. La dimensione tecnologica del “tutti in relazione con tutti…” significa spesso anonimato in cui si è profondamente soli e persi. Il patto di Moàv viceversa deve concludersi alla presenza di tutta una comunità nella quale tutti guardano tutti negli occhi.
Roberto Della Rocca, rabbino