Bravi studenti senza religione

Gli allievi delle scuole pubbliche italiane che non si avvalgono dell’Insegnamento della Religione cattolica sono liberi cittadini che esercitano un loro diritto o sono dei fannulloni che invece di studiare se ne vanno al bar? Alcuni interventi che ho ascoltato nel Collegio docenti della mia scuola sembravano, più o meno consciamente, dare per scontata la seconda opzione. La discussione verteva sulla proposta di attivare un insegnamento alternativo, che è poi stata approvata a larga maggioranza, ma con un numero di contrari e astenuti non irrilevante; è vero che alcune perplessità riguardavano il contenuto stesso dell’insegnamento proposto (storia delle religioni), tuttavia era evidente da parte di qualcuno l’incapacità di capire le motivazioni e le esigenze di chi non frequenta l’IRC.
Forse non tutti sanno che quest’anno per la prima volta si diplomeranno allievi che, per avere il massimo del credito scolastico (indispensabile per il 100 e lode), dovranno aver avuto per tutto l’ultimo triennio di scuola superiore almeno 9,1 di media (fino all’anno scorso bastava 8,1). Poiché si tratta di un traguardo difficilissimo, e ogni decimo di punto in più nella media diventa prezioso, aumenta sensibilmente il rischio che chi non si avvale dell’IRC possa risultare svantaggiato: pensiamo per esempio che l’insegnante di religione può essere determinante per alzare il voto in condotta di chi si avvale, oppure che la frequenza dell’ora di religione può essere uno dei criteri con cui si definisce l’impegno (che può determinare, a parità di voti, un punto in più o in meno). Queste piccole ingiustizie – pericolose perché passano inosservate – esistono da anni, ma finché 8,1 di media bastava per avere il punteggio massimo i ragazzi in gamba potevano arrivarci facilmente anche senza aiuti; invece 9,1 è un’impresa ardua per tutti, e rischia di diventarlo ancora di più per chi è considerato pregiudizialmente un po’ fannullone. Probabilmente la maggior parte degli insegnanti di fronte ai ragazzi in carne ed ossa è poi capace di superare i propri pregiudizi, comunque credo che per le singole famiglie e per l’UCEI valga la pena di fare un po’ di attenzione. Senza allarmismi, ma con la consapevolezza che la scuola deve essere uguale per tutti. Colgo l’occasione per augurare un felice 5772 a tutti i lettori di questa newsletter.

Anna Segre, insegnante