Qui Gerusalemme, 22 + 194
In un articolo da Ramallah sulla Repubblica di ieri, Fabio Scuto descriveva l’atmosfera di gioia e aspettativa in vista del voto all’ONU sullo stato palestinese. Secondo il corrispondente, «fanno grandi affari venditori delle bandierine palestinesi unite a quella bianca con la scritta Palestine 194, le t-shirt vanno a ruba al mercato». Naturalmente, 194 non è solamente il numero d’ordine dello Stato alle soglie del riconoscimento dell’ONU: 194 è anche il numero della risoluzione dell’ONU in cui si parla del ritorno (o dell’indennizzo) dei profughi palestinesi. La coincidenza è certamente del tutto casuale. In questo spirito, Scuto riporta la seguente conversazione dai corridoi della Muqata: «Sa», dice a Repubblica uno dei leader palestinesi della prima ora, «Arafat ci ha guidato fino ad avere una terra ma è Abu Mazen che ci ha portato ad avere uno Stato. Nascerà sul 22% del territorio che ci aveva assegnato l’ONU nel 1948, ma finalmente sarà il nostro Paese». Scuto, purtroppo, si è dimenticato di verificare i dati. Infatti, i territori palestinesi sui quali potrebbe nascere questa settimana il nuovo Stato rappresentano il 22% dell’intero territorio della Palestina sotto Mandato Britannico, non del territorio che l’ONU nel 1947 aveva assegnato allo Stato Arabo. Se il tutto territorio del Mandato Britannico fosse stato assegnato allo Stato Arabo, allo Stato Ebraico – la cui creazione è stata pure decisa contestualmente dall’ONU nel 1947 (e non nel 1948) – non sarebbe rimasto nulla. Se questa sia davvero oggi l’atmosfera a Ramallah non spetta a noi giudicare. Ma un giornalista serio come Scuto dovrebbe controllare le fonti e i dati prima di pubblicare.
Sergio Della Pergola, Università Ebraica di Gerusalemme