Il migliore dei mondi possibili

Stasera è Rosh Hashana, il capodanno ebraico, che ricorda anche la creazione del mondo. A essere precisi, come ha ricordato ieri A.M. Rabello su questa colonna, il 1° di Tishrì (Rosh Hashana) corrisponde al sesto giorno della creazione, in cui fu creato l’Uomo (insieme a tutti gli animali superiori), mentre il primo giorno della creazione corrisponde al 25 di Elul (sabato scorso). Nel Qaddish (o Kaddish), la preghiera forse più famosa del popolo d’Israele, citata varie volte anche qui, ci sono due riferimenti alla creazione del mondo, uno esplicito e l’altro alluso. Quest’ultimo sta nelle dieci espressioni di lode al Signore Iddio (yitgaddal ve-yitqaddash e poi, più avanti, yitbarakh ve-yishtabbach ve-yitpaar ecc.: cioè sia magnificato e santificato… e sia benedetto, lodato, glorificato ecc.), che alluderebbero – secondo l’autore dello Shibbolè Ha-Leqet, il rabbino romano medioevale Tzidqiyà Anav – ai dieci detti con cui il mondo fu creato. Il riferimento esplicito alla creazione sta all’inizio del Qaddish, nelle parole aramaiche “di verà khir’utè”. La traduzione corrente di queste parole è “(il mondo) che ha creato secondo la Sua volontà” – equivalente all’ebraico she-barà kirtzonò. Questa traduzione pone alcuni problemi, anche se probabilmente esprime esattamente quello che gli antichi Maestri autori del Qaddish intendevano dire. L’Universo è preordinato? È stato disegnato seguendo un progetto? Il Midrash, in effetti, afferma proprio questo. Il progetto era la Torah e D-o l’avrebbe usata come fa un architetto per costruire una casa. Tuttavia, le evidenze scientifiche, da quelle fisiche a quelle biologiche, ci dicono che il mondo, e in particolare la vita, appare in evoluzione, in un modo che è difficilmente assimilabile a un progetto pre-esistente. Le parole aramaiche “di verà khir’utè” possono però essere tradotte diversamente, se pur con una leggera forzatura, come “(il mondo) che ha creato a Suo gradimento”. Come a dire, e anche qui c’è un midrash a sostegno, questo mondo è gradito a D-o, quelli precedenti non lo erano e sono quindi stati scartati. In questo senso, le ripetute parole dell’inizio di Bereshit “e D-o vide che era buono” e, nel sesto giorno, “molto buono” assumono tutto un altro significato. Detto in parole povere, si direbbe: “Poteva andare peggio”. I più raffinati direbbero: “Questo è il migliore dei mondi possibili”. Shanà tovà.

Gianfranco Di Segni – Collegio Rabbinico Italiano