Gli ebrei e l’orgoglio di essere italiani

Gli ebrei italiani hanno chiaro il significato della loro partecipazione determinante alla formazione dell’identità nazionale. Ma non altrettanto può dirsi per quanto riguarda la consapevolezza della popolazione italiana. Salutando i molti studiosi raccolti a Torino nella prestigiosa sede dell’Archivio di Stato per partecipare al convegno “1848-1914. Gli ebrei e l’orgoglio di essere italiani”, il sindaco di Torino Piero Fassino (nell’immagine assieme ai vicepresidenti dell’UCEI Claudia De Benedetti e Anselmo Calò e al presidente della Comunità ebraica torinese Giuseppe Segre) ha tenuto a ribadire come sia necessario offrire riconoscimento e spazio alla vicenda degli ebrei italiani.
Numerosissimi gli spunti storici affrontati dagli intervenuti. Fra gli interventi in agenda, sotto la presidenza di Franco Segre e Tullio Levi, quelli di Maddalena Del Bianco (Nuove figure di rabbino nell’età dell’emancipazione e dell’Italia unita), Giovanni Miccoli (La Chiesa, lo Stato e gli ebrei nell’Italia liberale), Micaela Procaccia (Conservare, ricordare e raccontare: il Bel Paese degli ebrei italiani), Cristiana Facchini (Religione e libertà nella cultura ebraica liberale), Carlotta Ferrara degli Uberti (L’appartenenza alla nazione nell’autorappresentazione della stampa ebraica), Ulrich Wyrwa (Il peso e le forme dell’antisemitismo politico), Tullia Catalan (L’integrazione degli ebrei dopo l’emancipazione: un percorso non lineare).
Nel corso del convegno anche la presentazione del volume di studi “Gli ebrei e l’orgoglio di essere italiani” (Zamorani editore) a cura di Fabio Levi che raccoglie le letture commentate di scritti di personaggi ebrei del Risorgimento organizzate dalla Comunità torinese e dall’Archivio Terracini. Fra i tanti saluti, in apertura dei lavori, anche quelo della vicepresidente UCEI De Benedetti, che ha dedicato poche parole per ricordare l’editore Angelo Fortunato Formiggini. All’indomani delle leggi razziste “in una mattina densa di nebbia del 29 novembre 1938 – ha detto – si buttò dalla Ghirlandina, la storica torre della città di Modena, gridando «Italia, Italia, Italia». Era ebreo ma non si uccise per questo, si è tolto la vita perché volevano ridurlo a essere «soltanto» un ebreo. Voleva essere un uomo, un italiano per nazionalità, cultura e radici italiane”.