…economia/etica

Ho recentemente letto uno studio di Gheula Canarutto dedicato al rapporto fra economia di mercato ed etica ebraica (“Responsabilità ed etica ebraica”, Egea, 2006, pp. 117). L’analisi discute i diversi ambiti della vita economica (determinazione del valore della merce e fissazione dei prezzi, concorrenza, monopolio, contratti, interessi…), tutti riconducibili ad una prospettiva critica rispetto al dogma dell’autoregolamentazione del mercato, che invece, sostiene l’autrice riferendosi all’etica ebraica, necessita di limiti esterni che spostino la sua azione verso l’orizzonte della giustizia sociale. Così impostato, lo studio non può che andare in contro alle tradizionali critiche liberiste, che con facilità dimostrerebbero come ogni limite rappresenti un impedimento alla crescita col conseguente aumento di disoccupazione… fino all’avvitarsi di una crisi più generale. Non si potrebbe piuttosto immaginare il limite ebraico come subordinato all’intenzionalità etica di partenza? In tal modo potrebbero realizzarsi strategie variabili a seconda delle circostanze, che necessitano, di volta in volta, di politiche liberalizzatici come di interventi regolizzatori. Un ‘interpretazione dell’idea di limite che andrebbe conseguentemente estesa ai diversi settori della vita, ricordando sempre che “Ad-nai elohenu Ad-nai echad”: tutti i valori trovano la propria unità nell’ideale divino, non riducibile ad alcuna strategia particolare. Non so, però, se una simile lettura sarebbe compatibile con la tradizione rabbinico-halakhica; per cui, tutto da capo.

Davide Assael, ricercatore