Pur ti miro, pur ti godo

Certe notti, quando si respira l’aria di fine estate, il clima ancora mite fra Rosh Hashanà e Kippur, adoro Milano.
Ci sono notti in cui non mi lascia dormire, enigmatica com’è, piena di cose e persone complicate. Persone profonde, belle, pensose…
Il cervello, non riesco a spegnerlo.
Oggi pomeriggio a una conferenza straripante di persone ho conosciuto un uomo, dirige un giornale. Ne parla come di una creatura con vita propria, mi affascina. Racconta di tentativi, ipotesi, provare, sbagliare, cambiare… Mi piace.
Camminiamo e parliamo, lui un po’ troppo veloce, ma chi ha il coraggio di rallentarlo? Passo e parola in via Bigli, Montenapo… Ci sono sfilate, chi se ne cura?
Insolito per me camminare a Milano, lo faccio solo il Sabato. Camminare è festivo.
Arriviamo in un posto, sembra il New Jersey, invece è sulla cerchia dei tram.
Parliamo di Safran Foer, mangiamo salmone. Non ho fatto in tempo a dire: invidio la moglie di Jonathan, perché scrive gli stessi libri del marito. Troverò un uomo che ama quel che amo io?
Il lavoro chiama, si sa Milano è così. Non è una metafora: chiama proprio, al telefono.
Resto da sola, cammino piano ora. Sono forse le 10 di sera, viale Montenero è come una festa di paese, ma senza motivo. La passeggiata è felice.
Un amico lavora stasera alla biglietteria del teatro: ieri gli ho promesso che oggi sarei passata a sentire perché è triste. Me lo racconta. Intanto però vediamo un monologo di Maddalena Crippa, attrice sincera, parla di donne che si amano. Sono un po’ imbarazzata, a me capita facilmente! Cerco di star ferma, non agitarmi sulla sedia. In sala quasi solo donne, me ne accorgo ora.
Finita la Crippa sbircio nella sala grande: il festival MiTo stasera ci ha portato Monteverdi, L’incoronazione di Poppea ma in forma di concerto, non di opera. Pur ti miro pur ti godo canta Nerone a Poppea. La parte fu scritta però per un sopranista, un castrato. Quel che vediamo oggi è una scena come quella dell’altra sala: una donna mezzo soprano dichiara il suo amore a un’altra donna, il soprano. Chi vince? Gli occhi o le orecchie? Riusciamo a credere a questa scena d’amore fra due donne di cui una sostituisce un uomo che sostituiva una donna? Io sì. Amo Monteverdi, mi ricorda più la musica popolare che la lirica, porta in sé il germe dell’Opera ma in realtà è ancora musica antica, semplice.
Anche il concerto finisce, il pubblico esce. L’amico barista mi offre coca cola, gli rispondo che l’avevo appena chiesta alla sorte: si sente in grado di assumere il bel ruolo di mia sorte stasera? Si sente in grado, allora bevo. Lui è diventato meno triste, mi accompagna portando a mano la bici: io ho lasciato la mia per camminare veloce. Incontriamo un paio di amici che amano la bicicletta e il giovedì sera partecipano alla critical mass chiedendo più spazio per i ciclisti. “Ci sentiamo domani?” tipica frase di noi milanesi.
Lui prosegue in bici, resto sola di nuovo. Passo al Film Festival al Piccolo teatro, ormai è notte fonda: sono rimasti pochi a finire le loro birre.
Finalmente vado a slegare anche il mio fedele mezzo a due ruote. Lo riabbraccio con amore, come dopo ogni separazione.

Miriam Camerini, regista