Legge e ordine
Mi lasciano sempre perplesso i provvedimenti che regolano la vita notturna. Comprendo le ragioni degli abitanti, che si lamentano giustamente dell’eccesso di rumore o della sicurezza insufficiente, ma temo che le ordinanze anti-alcool, anti-bottiglia, anti-pub siano inevitabilmente condizionate da un pizzico di ideologia reazionaria, da un vago anelito al «legge e ordine». Le nostre città sono innanzitutto grigie, e quando si demonizza eccessivamente il divertimento giovanile, il rischio è di renderle ancora più tetre. L’amministratore pubblico, che deve tutelare la legittima aspirazione dei cittadini alla quiete, si trova dunque in una posizione delicata.
Nel caso di Forte dei Marmi, però, la delicatezza è decisamente mancata. Nell’ordinanza firmata dal sindaco Pd Umberto Buratti, e approvata dal Consiglio comunale all’unanimità, si vieta la nascita di nuovi esercizi commerciali che non rispondano alla cultura italiana e versiliese. Non solo, dunque, divieto di kebab, come hanno riportato i giornali, ma anche di qualunque merce troppo esotica.
Non si tratterebbe di una misura xenofoba, secondo il sindaco, perché a essere proibiti sono anche pub inglesi o birrerie tedesche. Proviamo a dimenticare la miriade di provvedimenti razzisti approvati da molti comuni del Nord (generalmente a guida leghista), e accettiamo le spiegazioni dei politici della storica località marittima. C’è da essere più tranquilli?
Nella crisi globale che consegna l’Italia a una condizione di maginalità, possiamo chiuderci al mondo esterno? È chiara l’esigenza di mantenere un certo livello per assicurarsi un turismo d’élite, ma questo significa rinchiudersi nel ghetto dorato della propria tradizione? E New York? E Londra? E Berlino? Ragioniamo pure di produzione locale e di chilometro-zero, ma scansiamo le scorciatoie sbagliate e dannose.
Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas