…ortodossia
Non è vero che il dialogo fra la comunità e il suo rabbino non dia valore aggiunto all’ebraismo. Solo che a volte il dialogo non è impresa facile. Specie quando si cerca una guida consapevole e sicura; una guida preparata, che ti aiuti a rafforzare il tuo senso di appartenenza e a crederci, magari riavvicinandoti alla vita trascurata delle mitzwoth con quella pragmaticità che ha contraddistinto certe fasi dell’ebraismo italiano, evitando l’influenza di integralismi eccessivi e di passaggio. Esemplificando: negli ultimi anni si è diffusa in Italia la moda del “glatt kosher” – è la carne del bovino e dell’ovino i cui polmoni vengono certificati sani dallo shochet (habodek). Si è quindi fatta strada l’idea che la carne normale sia casher, ma che quella “glatt kosher” sia “casherissima”. Ora, sottolineando il fatto che “glatt” è un termine yiddish (e questo qualcosa dovrebbe pur dire sull’origine dell’uso), si è diffuso il malsano costume di dichiarare “glatt” kosher la carne di pollo (i cui polmoni vengono controllati?) e i formaggi, che fino a prova contraria polmoni non ne hanno. Fra un po’ toccherà ai dolciumi. Siamo al ridicolo, e qualcuno ci gioca. Ora, fatto salvo il diritto assoluto di ciascuno di fare le proprie insindacabili scelte individuali, ci si aspetterebbe che i rabbini delle comunità svolgessero una coscienziosa opera di informazione e di moralizzazione del settore ‘merceologico’ per tre diversi motivi: 1. perché non vi sia chi pensi ingenuamente che ciò che non è glatt è di fatto “non-casher” – e questo è già il primo gravissimo risultato; 2. perché non vi sia qualche singolo che dall’alto della sua dieta superkosher pretenda di imporre regole sempre più restrittive e indigeste a tutta la comunità (regole che si estendono poi al latte “halav Israel” e al vino necessariamente “mevushal”); e 3. perché non si accrediti l’idea piuttosto sgradevole che la casheruth è solo una questione di business. La guida morale del rav la si vuole vedere in azione. E qui, più che di dialogo con il rabbino, si sentirebbe la necessità di una risposta chiara e autorevole, che tolga di torno tanta cialtroneria commerciale e certa nuova pseudo-ortodossia di seconda mano. Benissimo vivere un ebraismo tormentato e contrastante, ma che sia almeno con serena coscienza.
Dario Calimani, anglista