…identità
Penso anch’io che possano esserci dei comportamenti da parte ebraica che alimentino l’antisemitismo ed uno di questi è senz’altro il mancato confronto con la propria identità, altrimenti definito “odio di sé”. Speculare a questo è, a mio modo di vedere, il non tenere conto dell’inevitabile differenza fra l’ebraismo della diaspora e quello israeliano, sebbene legati da una stessa responsabilità e da un comune destino. Sintomo di questa attitudine è applicare agli eventi del proprio Paese categorie mediorentiali, come sovente avvenuto in questi ultimi anni nei confronti del mondo islamico. Se è vero che gli Stati islamici si sono resi fautori di una campagna antiebraica che si sta estendendo anche a Nazioni con cui si era raggiunto un equilibrio, lo è altrettanto il pericolo di una deriva xenofoba in Europa. A tal proposito mi paiono buoni segnali i risultati elettorali in Danimarca e in Polonia. In questo contesto, non credo saggio strizzare l’occhio in funzione pro-Israele a movimenti dichiaratamente islamofobici, risvegliando il Golem che poi scatenerà la sua furia contro di noi. Le categorie politiche non hanno valore assoluto, rispondono alle contingenze del luogo in cui sorgono; credo che bisogni assumersi l’onere di osservare le strategie utili a scongiurare una deriva antisemita, anche se, in apparenza, possano sembrare contraddittorie col contesto mediorientale. Ma se c’è la contraddizione, ci insegnano i Maestri, ci deve essere l’unità.
Davide Assael, ricercatore