Scelte certe

Dunque parrebbe che Ghilad Shalit sia prossimo alla liberazione. È bene usare il condizionale poiché con certuni si sa solo che ci si può attendere di tutto, anche la negazione di quanto appena negoziato. Dopo di che ci sono elementi che lasciano ben sperare nel senso di un esito finalmente affermativo di una vicenda che ha dilacerato le carni e le coscienze. Il prezzo di una vita – poiché per quei certuni la vita ha un costo, più che un intrinseco valore – è la messa in libertà di un migliaio di ospiti delle galere israeliane, figuri tristi se non osceni, spesso criminali e assassini professionisti. Inevitabile che le polemiche divampino, soprattutto in Israele, che dovrà sopportare le conseguenze, materiali, politiche e anche morali di questa scelta. Ragione ha Ugo Volli, quindi, quando dice che è bene lasciare agli israeliani medesimi il diritto pieno al confronto di merito e, nel qual caso, alla formulazione di un giudizio definitivo. E tuttavia è bene che per parte nostra si colga, ancora una volta, l’eccezionalità della volontà manifestata dal governo Netanyahu. Che va nel senso di una tradizione umana, quella di Israel, che è patrimonio non di un governo e neanche di uno Stato ma di un’idea concreta di popolo che si è storicamente inverata in una nazione. Nessuno deve essere abbandonato al suo destino. La vita di una nazione vale la vita di una persona. Non ci sono tatticismi, utilitarismi né, tanto meno, machiavellismi che tengano al riguardo. La vita non ha prezzo ma solo un valore, quello dell’incalcolabilità. Ragion per cui se il salvare un giovane germoglio ha dei costi terribili li si sosterrà comunque. Altrimenti, venendo meno il germoglio, la terra non sarà più fertile e il popolo medesimo si renderà sterile. La regola dice che tra compagni non si lascia mai nessuno alle proprie spalle, abbandonandolo al suo destino. Poiché quel destino è invece di tutti. Una nazione è grande non perché imperitura bensì in quanto solidale. Il sionismo, a suo tempo, funzionò proprio perché seppe essere tale fino in fondo. Non escludeva nessuno, semmai cercava di includere, di trattenere nel suo seno. Per questi molti l’hanno odiato. Non c’è di che sorprendersi. Tutti cerchiamo sicurezza: non è l’impossibile preservazione dai molti rischi che l’orizzonte ci offre ma la percezione che chi ci sta accanto si occupi di noi, così come noi ci occuperemmo di lui, soprattutto nel momento del bisogno. Il governo Netanyahu ha fatto una scelta piena di conseguenze poiché la solidarietà è un grande onere. Ma è anche un onore. Va reso omaggio al coraggio di certe scelte.

Claudio Vercelli