…insegnamento

Quanto scriveva ieri Bidussa, collegando il problema della memoria, nella ricorrenza del 16 ottobre, non soltanto a quello dell’impegno civile, ma anche a quello della conoscenza e della sua trasmissione, tocca in me tasti dolenti da ormai molto tempo. Insegnando storia in una facoltà di Lettere, mi sono resa contro con sempre maggior chiarezza del precipitare del livello culturale dei miei studenti, che ha raggiunto negli ultimi anni livelli paurosi. Questo implica, evidentemente, un giudizio negativo non solo sull’organizzazione, il funzionamento, i curricula della scuola superiore, ma anche sul livello di chi insegna, di chi trasmette conoscenza e sapere. Non è naturalmente un discorso generale, sono convinta che esistano insegnanti validissimi e appassionati, ma perché sono così pochi da non riuscire a frenare questo processo di degrado? I fattori sono tanti, certo. Ma una cosa che colpisce è che nessuno si vergogni più della sua ignoranza: né il nostro presidente del consiglio quando colloca l’assassinio di Matteotti e l’Aventino nel 1929, confondendolo con la crisi economica, né il dottorando, già vincitore di dottorato, che ti fa leggere il suo progetto di ricerca sul sionismo confondendo “israeliano” e “israelita”. Non si vergognano per una ragione molto semplice: perché nella nostra società la cultura ha smesso di essere un valore. E’ successo altre volte, in altre società e in momenti di cambiamento, ma non ha mai portato nulla di buono. Per quanto mi riguarda, ce la sto mettendo tutta, nel breve periodo di insegnamento che ancora mi resta, a cercare di suscitare nei miei studenti almeno un filo di interesse, di passione, perché solo da lì può partire il desiderio di capire, di imparare, di leggere. Solo questo, ne sono convinta, può far scattare la scintilla in grado di riattizzare il fuoco. Ma non posso fare a meno di sentirmi una sopravvissuta. Scusate il pessimismo, anticamera della rinuncia.

Anna Foa, storica