Tende e sukkòt
Fragile riparo, costruito da frasche e rami, la sukkà è come una tenda, un’abitazione precaria e temporanea. Si potrebbe dire allora che mai sia stata attuale come quest’anno in cui le tende degli «indignati», che campeggiano in Israele, e nelle città di mezzo mondo, sono il simbolo di una giusta protesta contro una precarietà subita.
Ma tra la sukkà e la tenda c’è una differenza che non deve sfuggire. La tenda, fatta di tessuto, è più simile all’abitazione; è chiusa e insieme anche angusta. Dopo un po’ è inevitabile rimpiangere la vecchia casa o, per chi non ce l’ha, desiderarne una normale. Al contrario la sukkà è aperta, invita all’incontro, all’ospitalità. E per di più nella sukkà, che è separata dalla terra, si deve poter vedere il cielo in alto. Riparo e apertura, è il luogo da cui guardare in una nuova, inconsueta prospettiva la propria vita, il mondo, gli altri, per scoprire come la rinuncia di agi, comodità e oggetti, possa talvolta mutarsi in una nuova libertà.
Donatella Di Cesare, filosofa