Mille a uno
La crisi che sta travagliando il nostro Pianeta e certamente lo trasformerà, nel bene e nel male, viene chiamata “crisi economica”. L’economia è forse solo la parte emergente di qualcosa di assai più grande, che sarebbe difficile tentare di descrivere qui. Comunque si può azzardare che, fino ad oggi, dal 2007, abbia attraversato più fasi: cominciò come crisi finanziaria, poi divenne economica, poi manifestò quasi ovunque la sua fase sociale attraverso conati e rivoluzioni tuttora in corso. Ma, almeno mi sembra, oggi è divenuta anche una “crisi cognitiva”: in questo momento si succedono eventi dei quali non si riescono più a capire le cause e nemmeno gli effetti, e si è costretti ad approssimazioni che spesso distorcono il senso dei fenomeni, causano dibattiti senza costrutto e impediscono lo scambio cognitivo, fondamento dell’intelligenza sociale. E c’è chi se ne approfitta.
E veniamo al dunque. Il governo israeliano attuale, che non ha la mia simpatia, ha salvato, dopo 5 anni, la vita di Ghilad Shalit, un ragazzo di leva con il volto ancora bambino di molti nostri figli e nipoti, con la liberazione di oltre 1000 detenuti palestinesi nelle carceri israeliane. Si sa di alcuni delinquenti terribili ma non si conoscono le responsabilità di tutti i prigionieri liberati. Si può criticare l’opportunità politica del momento di questa liberazione (e io lo faccio) che indebolirebbe Abu Mazen e rafforzerebbe gli estremisti di Hamas, ma è d’altra parte assai difficile accertare se ci siano state negli anni passati altre finestre di possibilità per la liberazione del povero soldato.
Con lo scambio, si è levato una vento strano e preoccupante, che è proprio il motivo di questo articolo. Si è verificato un deficit cognitivo collettivo che ha scompigliato le menti degli ebrei e degli altri.
Cominciamo da noi, israeliani o diasporici che siamo. Non voglio parlare dell’empito di commozione che abbiamo tutti provato, di sollievo, gioia e contemporanea commiserazione perché il volto bambino non era più quello delle foto di 5 anni fa, ma con la sua tristezza ispirava una profonda pietà in contrasto con la gioia sfrenata, quanto comprensibile, dei palestinesi liberati. Ma poi è accaduto qualche scompiglio nelle nostre menti.
Si è parlato con orgoglio del rispetto della vita umana, valore precipuo della nostra millenaria morale ebraica. Ma questo valore, ammesso che esista, non spiega di per sé lo scambio di 1000 a uno, anche perché in passato sono avvenuti scambi assai simili senza che si levasse così forte il vento dei valori ancestrali. Se si fa appello alla ragione, si trovano motivi assai più concreti, validi e anche giusti per questi scambi disuguali fra innocenti e persone che sono state comunque giudicate nelle aule dei tribunali. Israele, nella sua drammatica vicenda, resiste ai suoi avversari con un esercito popolare nel quale chiunque è chiamato a un dovere militare di un peso che non ha uguali nel mondo. Lo Stato di Israele per mantenere l’efficienza del suo esercito è vincolato a garantire a tutti i suoi cittadini – chiamati ogni giorno a rischiare la vita contro temibili nemici – che in caso di cattura non ci saranno limiti a tutelare la loro salvezza.
Si è parlato della solidarietà tipica della società israeliana, ma ci si è dimenticati che questa solidarietà, un tempo fortissima al punto di sembrare un nuovo socialismo umanistico, si è venuta con gli anni attenuando, tanto che oggi molti cittadini israeliani ne lamentano proprio la perdita. Di questo passo finiremo nel triste territorio dell’ipocrisia, il miserabile “coeur de Milan”
E gli altri? quelli che ebrei non sono? Trascuro ovviamente quelli, che non so quanti siano, che hanno ragionato correttamente e quelli che non mi piacciono tanto, che stanno dalla parte di Israele comunque, qualsiasi cosa faccia il suo governo, e lo fanno, temo, per motivi che non apprezzo affatto e sui quali qui non mi impancherò.
Mi limiterò ad alcuni mostruosi deficit cognitivi che ho visto manifestarsi con mio grande spavento.
“Gli israeliani disprezzano gli altri perché stimano la vita di uno solo di loro pari a quella di 1000 degli altri”. Basta sostituire a israeliano la parola ebreo perché questo pensiero acquisti la sua lucente atrocità miscognitiva. È inutile dire che i mille prigionieri non erano in pericolo di vita, Ghilad Shalit invece sì. Inutile dire che i mille erano gente giudicata o in attesa di giudizio, a torto o a ragione, da tribunali e invece Ghilad Shalit è un ragazzo qualunque acciuffato da una banda in uno dei kibbutz più progressisti di Israele: Keren Shalom. Inutile dire che la cifra di mille non è un’offesa all’umanità dell’arroganza di Israele, ma un ricatto di Hamas.
I prigionieri palestinesi diventano “prigionieri politici”, qualunque cosa abbiano fatto, Ghilad Shalit, che non ha fatto nulla, è anche lui un “prigioniero politico”.
Si critica Israele perché libera feroci assassini anche da chi ha già dimenticato Cesare Battisti che si sta godendo agli antipodi le spiagge brasiliane.
Infine, ho letto con orrore una battuta “umoristica” (ovviamente da… “contestualizzare”) su quanto vale “in grammi” la carne di un israeliano in cambio del corpo intero di un palestinese.
Il sonno della ragione genera mostri, e questa volta il mostro è Shylock.
Aldo Zargani