Qui Milano – Valori e percorsi comuni

Quali sono oggi i valori comuni delle comunità ebraiche italiane? Una domanda difficile da affrontare che si apre a molteplici risposte e su cui hanno riflettuto ieri sera, in occasione della tavola rotonda organizzata dal neonato Centro Studi e Formazione di Milano, rav Alfonso Arbib, rabbino capo di Milano, lo storico David Bidussa e Gavriel Levi, docente di psichiatria. Ad aprire la serata, culmine dell’intensa giornata legata al nuovo progetto per la formazione della leadership comunitaria del dipartimento Educazione e Cultura UCEI, i saluti del presidente dell’Unione Renzo Gattegna e del presidente della Comunità ebraica milanese Roberto Jarach. “La sfida è quella di lavorare per Comunità più unite e più collegate che vogliano esprimersi sulla base di una dimensione nazionale” ha spiegato Gattegna nel suo discorso, soffermandosi sulle problematiche che l’ebraismo italiano dovrà affrontare nel prossimo futuro. Questioni non più rinviabili, che lo stesso corso di formazione, organizzato dal direttore del Dec rav Roberto Della Rocca, cercherà di sviscerare nella serie di incontri realizzati in cinque città italiane. “Vorrei fare un doppio ringraziamento a rav Della Rocca – ha affermato Jarach – In primo luogo per aver portato qui a Milano il presidente Gattegna il cui discorso ha lasciato il segno su ognuno di noi, con una visione chiara dei problemi da affrontare e della strada da percorrere per farlo. Oggi sentiamo più vicina l’UCEI, sono state messe sul campo nuove modalità per interagire con le diverse istituzioni. E Milano è certamente disponibile a lavorare con l’Unione, a stringere un legame diretto che prenda in considerazione le nostre esigenze come quelle dell’UCEI”. “Vorrei anche ringraziare Roberto – ha poi aggiunto Jarach – per la realizzazione di questa iniziativa: un progetto che ci aiuta a lavorare insieme, permette di confrontarsi sulle problematiche quotidiane delle nostre comunità e scambiare contributi costruttivi percorrendo congiuntamente la stessa strada”. Dopo i saluti dei presidenti Gattegna e Jarach, si è aperto il confronto tra i relatori sulla questione dell’esistenza dei valori ebraici nel panorama italiano. A fare da mediatore rav Roberto Della Rocca. “Sono spesso perplesso quando si parla di valori comuni. Cosa li rende connotabili come ebraici e non semplicemente umani, universali?”. La risposta, secondo Arbib, la porta Kadosh Baruch Hu quando chiede all’angelo della verità se debba o meno creare l’uomo. L’angelo si dice contrario perché l’uomo è tutto menzogna. Dio allora getta a terra la verità e crea l’uomo. “Nessuna verità può rimanere semplicemente tale; deve essere legata al concreto, gettata a terra. Così accade nella tradizione ebraica per i valori, inquadrati nel sistema delle mitzvot. Se non facciamo, se non portiamo a terra, non avremo un comportamento ebraico”. Per lo storico David Bidussa l’impegno di questa generazione del mondo comunitario ebraico deve essere quello di riuscire a trasmettere qualcosa che rimanga, qualcosa che attragga le persone. “La Comunità è un sogno – spiega lo storico – senza di esso è solo piattezza burocratica. Dobbiamo trasmettere questo sogno, riempirlo di contenuti. Non abbiamo un passato che possa garantire, non dico il futuro ma lo stesso presente. È necessario mettersi in gioco, scommettere, ridisegnare i valori per attrarre coloro che si sono allontanati o si stanno allontanando”. Già protagonista nel pomeriggio di una seguitissima conferenza su Il Talmud di Avraham Avinu, il professor Gavriel Levi ha ricordato il pericolo della disidentificazione dall’ebraismo. “Un milione e mezzo di ebrei dalla Shoah ad oggi hanno abbandonato la strada ebraica. E c’è persino chi adotta schemi di giudizio utilizzati dagli antisemiti additando l’altro come ‘troppo comunista’, ‘socialista’, ‘ortodosso’ o ‘massonico’. Dobbiamo ritornare a porre attenzione verso noi stessi. Dobbiamo ritornare a sognare – ha concluso Levi – dobbiamo cementare i nostri valori perché siamo responsabili della loro conservazione ma non solo. Queste certezze, ed è una berachà fondamentale, devono essere trasmesse almeno fino alla quarta generazione futura”.

Daniel Reichel