Qui Torino – Amos Gitai e la “settima arte”
“Un film che parla di persone molto vicine a me, come i mei due figli, mia moglie e mia madre. È quindi un’opera molto intima, che si riferisce anche a eventi passati, remoti nel tempo. È un film che parla del rapporto che ho col mio paese, Israele, e del modo in cui concepisco il cinema”. Questo dice il regista Amos Gitai prima che venga trasmesso, al Cinema Massimo di Torino, il suo film Carmel. Accanto a lui, il noto critico cinematografico di origine tunisina Serge Toubiana, direttore della Cinémathèque Francaise e autore del libro Il cinema di Amos Gitai – Frontiere e Territori ( Bruno Mondadori 2006 ). Ieri sera al Cinema Massimo a fare gli onori di casa è stato Alberto Barbera, direttore dal 2004 del Museo Nazionale del Cinema di Torino. Il Museo quest’hanno ha voluto dedicare un omaggio a Gitai, offrendogli di allestire una video installazione nei locali sotterranei della Mole Antonelliana, aperti al pubblico per la prima volta, e omaggiandolo con una monografia e una retrospettiva dei suoi film. Diciotto lungometraggi scelti dall’autore e da Toubiana, ex direttore dei Cahiers du cinéma, tra le riviste cinematografiche più prestigiose a mondo, verranno infatti trasmessi al Cinema Massimo fino al 18 novembre. La video installazione Architettura della Memoria, curata dal regista e architetto Amos Gitai, sarà invece accessibile al pubblico da oggi fino al prossimo otto gennaio. Questa, già presentata al pubblico tedesco e francese al Kunst-Werke di Berlino, nella base sottomarina di Bordeaux e al Palais de Tokyo di Parigi sarà una sintesi degli allestimenti precedenti, adattata però alla struttura della Mole Antonelliana e potrà quindi godere di una sua piena originaltà. Oggetto dell’opera di Gitai, ospitata nell’edificio che un tempo sarebbe dovuto diventare la sinagoga principale della città, un omaggio alla figura del padre Munio Weinraub, esponente della Bauhaus berlinese e al quale Gitai dedicherà il suo nuovo film Lullaby to My Father. “Mi colpisce sapere che la Mole inizialmente venne pensata per essere una sinagoga; la memoria dei luoghi conta molto per me” rivela il regista. Amos Gitai nasce a Haifa nel 1950, dove si laurea in architettura al prestigioso Technion. Consegue poi un dottorato alla University of California di Berkeley. Le prime esperienze con la telecamera arrivano quando è richiamato in patria per combattere nella guerra del Kippur. In quella occasione, durante le missioni in elicottero, effettua alcune riprese con la Superotto regalatagli dalla madre. La sua carriera vera e propria da regista inizierà però solo alla fine degli anni ’70. I suoi film furono dal principio molto criticati a causa dell’atteggiamento che veniva fatto trasparire, secondo molti troppo filo-palestinese. Questo lo porterà a trasferirsi in Francia, dove rimarrà fino a quando Rabin non sarà eletto primo ministro, nel 1992. Forse proprio a causa di questo suo atteggiamento poco filogovernativo e a detta di alcuni semplificatore d’una realtà complessa come quella mediorientale, Gitai è stato più apprezzato all’estero che in patria. Con Free Zone, del 2005, riesce a far nominare il suo film per la Palma d’oro al festival di Cannes. In tale contesto l’attrice israeliana Hana Laszlo riesce ad ottenere il prestigioso alloro come miglior attrice. Il regista sarà presente al Cinema Massimo anche domani e dopodomani sera per introdurre i film Esther e Kadosh. A concludere l’incontro che si è svolto prima della proiezione di Carmel, alcune riflessioni sulla “settima arte”: “Il cinema mi piace proprio perché non è una vera e propria arte. Adoro il suo lato impuro,quello che possiamo scorgere quando entriamo in un cinema e per prima cosa sentiamo l’odore di pop corn e bibite gasate; ma quando le luci si spengono e lo schermo trasmette le prime immagini…”.
Tommaso De Pas