midrashim…
Quando i Maestri commentavano la Torà scritta con i midrashim, non facevano un esercizio astratto di esegesi, ma cercavano di trovare nel testo dei riferimenti alla realtà vissuta. Molto spesso i commenti rabbinici sono allusioni a fatti e persone che i Maestri e il pubblico conoscevano; a distanza di secoli non sappiamo più a chi si riferissero, ma i vizi e le virtù denunciati sono sempre attuali. Nelle turbolenze della scena politica di oggi, ad esempio, fa un effetto strano il midrash che viene raccontato a proposito di Haran, fratello di Abramo, la cui storia stiamo rileggendo nelle parashot di questi giorni. Nel racconto della Torà (Bereshit 11:28) lo vediamo comparire e scomparire precocemente. Il midrash spiega la circostanza in questo modo: quando Abramo iniziò la sua rivoluzione antiidolatrica, il potere istituzionale cercò di eliminarlo, condannandolo a morte in una fornace ardente. A questo punto bisognava scegliere da che parte stare; schierarsi con Abramo avrebbe significato la persecuzione. La dolorosa scelta coinvolse in primo luogo la famiglia. Haran a questo punto decise prudentemente di aspettare per schierarsi alla fine con il vincitore: se Abramo non avesse superato la prova, si sarebbe dichiarato contro di lui, se l’avesse superata, avrebbe sostenuto Abramo. Effettivamente quando Abramo uscì miracolosamente indenne dalla fornace, Haran dichiarò che era con lui, e le guardie del re buttarono Haran nella fornace, alla quale non sopravvisse. Gustosa parabola sull’opportunismo politico, che a quanto pare, non è salvato dai miracoli.
Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma