Qui Roma – Idee a confronto sulla sofferenza animale
Shechitah, un confronto a rischio. Questo il titolo utilizzato su Pagine Ebraiche di novembre per introdurre il convegno dedicato alla macellazione rituale e alla sofferenza degli animali svoltosi ieri pomeriggio al Centro Bibliografico UCEI. L’incontro, organizzato dall’Associazione di cultura ebraica Hans Jonas, dal Collegio Rabbinico Italiano e da La Rassegna Mensile di Israel, ha rispettato le attese offrendo numerosi spunti di interesse e approfondendo da più punti di vista una tematica che tocca inevitabilmente da vicino la coscienza di ogni singolo individuo. Chiamati a portare un contributo rabbini, studiosi e addetti ai lavori che si sono avvicendati al tavolo dei relatori in due distinte sessioni di interventi. Protagonisti della prima sessione, moderata da Tobia Zevi, la slavista Laura Quercioli Mincer, il professor Stefano Cinotti e il rav Gianfranco Di Segni. Sono intervenuti dopo il coffee break, introdotti da Giacomo Saban, il professor Eligio Resta e il rav Riccardo Di Segni. Assente a causa del maltempo che ha bloccato l’aeroporto di Torino, la vicepresidente UCEI Claudia De Benedetti ha inviato un messaggio di saluti che è stato letto al folto pubblico presente in sala. “Nell’ambito della mia delega agli Esteri – scrive De Benedetti – in questi mesi ho più volte presenziato ad incontri di delegazioni ebraiche invitate al Parlamento Europeo per rispondere alle più varie e poco documentate accuse dei movimenti politici che si accreditano di posizioni animaliste. La tradizione ebraica, tramandata da millenni, mantiene tuttora la sua attualità e validità anche rispetto a chi ostenta nei confronti dell’ebraismo dogmatismo e talvolta anche disprezzo”.
a.s.
“I rischi di una legge proibizionista”
Vietare la carne kasher e halal in nome della tutela dei diritti degli animali. Nella patria della tolleranza religiosa, i Paesi Bassi, potrebbe presto passare una legge che vieta la macellazione che non preveda lo stordimento preventivo dell’animale. A farne le spese sarebbero gli ebrei e i musulmani d’Olanda, in quanto sia la macellazione rituale ebraica, la Shechitah, sia quella islamica, Dhabihah, vietano di praticare lo strodimento preventivo. La legge, proposta dal Partito animalista olandese, è già passata a giugno alla Camera bassa del Parlamento dei Paesi Bassi e a dicembre dovrebbe svolgersi la votazione al Senato. Per far fronte al problema, l’Unione degli ebrei olandesi ha costituito in questi mesi una Commissione di specialisti che, dopo il brutto colpo estivo, sta lavorando assiduamente per difendere la Shechitah e con essa la libertà religiosa. Abbiamo cercato di fare un quadro della situazione con uno dei membri della Commissione, il professor Frederik A. de Wolff, docente di Tossicologia clinica e forense all’Università medica di Leiden.
Professor de Wolff, cosa sta accadendo in Olanda?
Il Partito animalista, unico caso in Europa di formazione politica di questo genere che abbia rappresentanti in Parlamento e che si occupa unicamente dei diritti degli animali, ha proposto di vietare la macellazione dei capi che non siano stati preventivamente storditi. Lo stordimento è però una pratica che va contro la normativa ebraica in materia di macellazione rituale, che consiste nella recisione istantanea, con un coltello molto affilato, della vena giugulare, dell’esofago e della trachea dell’animale. Un divieto simile vige nel mondo musulmano per quanto riguarda la carne Halal. Dunque, l’approvazione di una legge come quella proposta dagli animalisti olandesi porterebbe alla fine della macellazione rituale nei Paesi Bassi, andando a colpire duramente le comunità ebraiche e islamiche del Paese oltre a costituire un pericoloso campanello d’allarme in materia di tutele della libertà religiosa.
Su che basi si fonda la proposta degli animalisti?
Il punto nodale è questo. Secondo i “proibizionisti” la Shechitah procurerebbe una inutile sofferenza all’animale; la definiscono come un’usanza barbara e crudele. Dall’atra parte le ricerche che hanno portato in Parlamento, per suffragare la loro tesi, sin dall’inizio sono apparse confuse, piuttosto scarse e scientificamente deboli. Per parte nostra, l’Unione delle Comunità ebraiche olandesi (che rappresenta i 50 mila ebrei dei Paesi Bassi) ha creato una commissione di esperti, formata da rabbini, scienziati e avvocati, per confutare le argomentazioni degli animalisti. La nostra difesa si delinea sotto due profili: quello tecnico e quello della tutela della libertà religiosa. Abbiamo portato diverse documentazioni che evidenziano come non via siano dati scientifici validi per sostenere che la Shechitah comporti una maggiore sofferenza dell’animale rispetto alla macellazione preceduta da stordimento.
Un esempio?
Lo scorso maggio è stata presentata la relazione del professor Joe Regenstein, docente di scienze degli Alimenti della Cornell University nonché esperto in materia di macellazione kasher e halal. Nel report si evidenziavano i diversi errori di merito e metodo della controparte; il fatto che lo stordimento preventivo non sia una garanzia per la diminuzione dello stress dell’animale e anzi in alcuni casi peggiori la situazione. Il lavoro della Commissione e la relazione è stata definita dagli animalisti non oggettiva perché comunque presentata da esperti di origine ebraica. Per un consulto terzo ci siamo rivolti ad un autorevole istituto di ricerca olandese ma non è bastato. Sulla questione è anche intervenuto rav Jonathan Sacks, rabbino capo del Regno Unito, in un’audizione parlamentare che ha preceduto di poco il voto.
Nonostante questa grande mobilitazione, il 28 giugno la legge è passata alla Camera con una maggioranza schiacciante: 116 favorevoli contro 30. A pesare, tra gli altri, il voto di Geert Wilders, leader del noto Partito per la libertà, che ha sempre affermato di essere “amico degli ebrei e di Israele”.
Già, la sua posizione è per così dire strana. Abbiamo provato a convincere lui e il suo partito a non votare la legge, ma la sua diffidenza verso il mondo islamico ha avuto la meglio. “Non discutiamo, votiamo” è stata la sua spiegazione.
Colpire i musulmani d’Olanda era quindi l’obiettivo di Wilders. Quali sono stati invece i vostri rapporti con la realtà islamica?
Chiaramente la volontà era la stessa, ma il problema era di tipo tecnico. La comunità islamica olandese è molto frazionata, si contano un milione di persone provenienti da Paesi molto diversi (Marocco, Turchia, Pakistan, Iran, Suriname per fare degli esempi); non è possibile trovare un portavoce unico e per loro è evidentemente più complicato organizzarsi. In ogni caso in questa vicenda il nostro punto di riferimento per la comunità islamica è stato Ibrahim Wijbenga, presidente della Fondazione per la sepoltura islamica, che ha lavorato fianco a fianco con il rabbino Lody Benyomin van de Kamp, preside della scuola ebraica di Amsterdam e shochet qualificato. L’unico fattore positivo di questa vicenda, come ha rilevato un esponente del partito cristiano olandese, è stata la forte collaborazione fra le due comunità.
Il partito cristiano, peraltro, vi ha sostenuto in questi mesi di battaglia contro la legge anti-Shechitah e Dhabihah. Si è quindi creato un fronte comune tra le tra grandi religioni monoteiste?
Direi che condividiamo le stesse preoccupazioni. Questa norma mina fortemente la libertà religiosa ed è frutto di una commistione di sentimenti negativi e di pregiudizi. Il partito cristiano ha compreso il pericolo e si è unito alla nostra battaglia.
E la questione è tutt’altro che finita…
A dicembre dovrebbe esserci il voto al Senato e speriamo di invertire il responso precedente. La Camera alta del Parlamento olandese è formata da professionisti che credo ascolteranno con maggiore attenzione le nostre rivendicazioni. Posso dire di essere abbastanza fiducioso, ma non si sa mai. Comunque, se tutto dovesse andare storto, l’ultima carta sarà appellarci alla Corte dei diritti di Strasburgo.
Come sta vivendo il resto della società olandese questa vicenda? Cosa dicono i giornali?
Credo che gli olandesi in generale siano a favore della proibizione, non tanto per convinzione ma perché – diciamo – seguono la corrente del conformismo. Non sono molto informati sul caso. Sui giornali invece l’opinione prevalente è quella contraria all’approvazione del provvedimento: sono pochi infatti i quotidiani che parlano di pratiche barbare, medievali e che si scagliano contro la Shechitah.
I Paesi Bassi erano l’oasi felice della tolleranza. Poi sono arrivati diversi segnali poco incoraggianti tanto che un noto politico olandese ha consigliato agli ebrei olandesi di levare le tende e andare in America o in Israele. Qualcosa si è rotto?
Purtroppo temo che questo sia solo l’inizio. In Olanda, come in Europa, stiamo assistendo a una radicale secolarizzazione della società. La proverbiale tolleranza olandese era data dalla convivenza di culture e realtà religiose diverse, come cattolici e protestanti. Questa diversità veniva tutelata e tutt’ora dovrebbe essere il pilastro di ogni democrazia. Oggi invece viviamo in un Europa sempre più intollerante e xenofoba. Ho paura sia un processo che non possiamo fermare, almeno non fino a che le persone non ritroveranno un sentimento religioso, che sono convinto risieda in ciascuno di noi.
Daniel Reichel, Pagine Ebraiche, novembre 2011