…nucleare
Sul Corriere della Sera di ieri, Sergio Romano – nella sua rubrica settimanale, se non quotidiana, di affari israeliani – spiegava al lettore Giorgio (o Giulio) Prosperi quali potrebbero essere le reazioni d’Israele di fronte all’Iran e all’arma nucleare. Premesso che io sono personalmente contrario ad eventuali avventure unilaterali da parte israeliana – e così la pensa la maggioranza dei comandanti dell’esercito e dei servizi, certamente più esperti di me – trovo le analisi di Romano e del suo lettore non del tutto cristalline. Primo, è abbastanza risibile dire che “in un momento di grande crisi economica quale quello corrente, una deflagrazione in Medio Oriente sarebbe pericolosissima: il prezzo delle materie prime schizzerebbe verso l’alto e l’instabilità politica indurrebbe un’ulteriore stretta del credito”. Ossia, crepi pure Israele ma non causateci l’inflazione. Fa sorridere, poi, l’idea che “un attacco israeliano contro l’Iran è probabilmente il fattore che maggiormente contribuirebbe alla vittoria dell’Ayatollah Khamenei e i guardiani della rivoluzione contro Ahmadinejad”. Il quale, come è noto, è un ascetico umanista-pacifista che mai proferirebbe parola né solleverebbe un dito contro lo Stato ebraico. D’altra parte, l’equiparazione di un vecchio rapporto d’inchiesta tranquillizzante e di uno molto più recente e allarmista è un atto di qualunquismo e di disinformazione. In realtà, nessuna persona che non sia stata nella sala dei bottoni può dire onestamente di capire l’odierno livello di sviluppo dell’arma atomica di Teheran. Più convicente, invece, l’idea che “il miglior modo per ostacolare il programma nucleare iraniano sia quello di rafforzare le sanzioni e, se possibile, sabotarlo”. Sempre col permesso della Russia e della Cina. Ma non si potrebbe discutere seriamente dell’atomica iraniana senza sempre e solo tirare in ballo Israele?
Sergio Della Pergola, Università Ebraica di Gerusalemme