minhag…
Al Tempio Maggiore di Trieste, prima della preghiera di Arvit con cui si conclude lo Shabàt, accade qualcosa di molto curioso e singolare. Gli addetti al culto passano per i banchi della Sinagoga, ritirano tutti i libri di rito ashkenazita utilzzati fino a quel momento per le preghiere del Sabato e distribuiscono quelli di rito sefardita in uso nei giorni feriali. Questa alternanza di minhaghim è una consuetudine che dura da almeno cento anni, da quando fu inaugurato il Tempio Maggiore che prese il posto delle diverse Sinagoghe che erano presenti nella città. Anche per gli ebrei triestini resta difficile stabilire se questa scelta di compromesso costituisca un rilancio di antiche tradizioni e di suggestive melodie di differente origine, o sia, viceversa, motivo di confusione e disorientamento. Come che sia sabato sera lo scenario nel Bet Hakeneset triestino era veramente paradossale: al fianco di un cantore di origine corfiota e di un rabbino ashkenazita, io recitavo sottovoce la Amidà nel mio rito italiano. Un vero melting pot ebraico.
Roberto Della Rocca, rabbino