Deputazione, un campanello da ascoltare
L’immaginario comune vuole una Comunità ebraica di Roma ricca e spensierata. L’ex Ghetto, ora meta ghiotta per i turisti, gremito di persone ben vestite e operose. Una bolla di vetro che non fa permeare al suo interno le brutture del mondo. I problemi che sopraggiungono si risolvono magicamente e tutto segue il ritmo di un musical di Broadway. E qui troviamo l’errore. L’idillio non c’è, la bolla di vetro si frantuma in mille pezzi. Alcolismo, depressione, tossicodipendenza, crisi economiche, fallimenti, disagi di vario genere non risparmiano nessuno. Questo è quanto si apprende visitando la Deputazione ebraica. Questo è quanto ci racconta il suo presidente Piero Bonfiglioli che con la Deputazione ha un legame affettivo particolare e che prosegue il lavoro del padre Vittorio. Guardare in faccia l’esistenza del problema, non cedere a facili surrogati di felicità, denunciare la grave situazione di un gran numero di ebrei a Roma, è paradossalmente l’inizio della soluzione. Le donazioni all’ente sono aumentate negli ultimi anni, ma la strada è lunga e la crisi del 2009 si acuisce sempre più. Ma cosa è la Deputazione? Cosa avviene al suo interno? Chi lavora per migliorare le condizioni dei suoi utenti? La sua storia è una storia lunga 126 anni, un mix esplosivo di filantropi appassionati e trame complesse. Una vicenda che corre parallela e spesso si interseca con i grandi cambiamenti del paese. Le guerre, il ’68, le prime trasgressioni sono penetrate anche nella Comunità. Ma facciamo un po’ di ordine. L’ente nasce nel 1885 dal confluire di diverse confraternite che circolavano nel Ghetto. Vi era chi si occupava dei corredi per fanciulle meno abbienti, chi contribuiva a trovare luoghi nei quali ospitare coloro che non avevano una abitazione. Il tragico arrivo della Seconda Guerra Mondiale porta alla sospensione di queste opere buone. Anche gli ebrei che si occupavano di aiutare i correligionari in difficoltà sono inevitabilmente in pericolo. Nel dopoguerra l’American Jewish Joint Distribution Committee invia materiale e fondi per rimettere in piedi la Deputazione che nel 1953 ha la sua prima assistente sociale: Carla di Nepi. Bastano una assistente sociale, una segretaria e un usciere camminatore (si occupa di mansioni come recapitare lettere o portare pacchi) per far riaccendere la piccola luce di speranza data dalla solidarietà. Nel 1977 viene inclusa la figura dello psicologo in ambito terapeutico e scolastico. Un salto poi ci porta agli ultimi vent’anni con la nascita dell’ufficio lavoro, della gestione dei fondi della Claims Conference per i superstiti della Shoah e di tante iniziative per la raccolta fondi. La Deputazione ha inoltre prestato aiuto per eventi di carattere nazionale, ad esempio il terremoto di Messina del 1908, e internazionale, la guerra in Jugoslavia. Un lungo percorso fatto di continuità e innovazione, non perdendo mai di vista il focus: aiutare il prossimo. La struttura negli anni ha dovuto specializzarsi sempre più per individuare i diversi problemi, oggi sopratutto all’interno del nucleo familiare e di carattere economico e psicologico (molte volte strettamente legati). Sarebbe riduttivo dire che solo persone che hanno perso ogni cosa si rivolgono per chiedere assistenza. Sarebbe ipocrita negare la precarietà sulla quale poggia la nostra società al momento. Lo scopo non è quello di creare una dipendenza tra l’ente e l’utente. Lo scopo è reinserire chi ha perduto un lavoro, ascoltare chi si sente perduto, riportare gradualmente la persona a uno stato che la soddisfi. Lo scopo sono le singole storie dietro i calcoli e le cifre che molte volte sembrano solo file di numeri. Significa valutare il caso direttamente e indirettamente. Essere razionali ma vedere l’individuo. Capire quanto c’è di manifesto e quanto viene nascosto, forse per pudore. Il Consiglio, formato da undici persone, si riunisce mensilmente ed è suddiviso in diverse commissioni. Quello che preme al presidente è mostrare chi c’è dietro tutto, far luce sull’ingranaggio che permette alla Deputazione di funzionare correttamente. Anna Palagi, che fin da giovanissima ha iniziato la sua collaborazione e si emoziona sfogliando dei mitici e polverosi verbali del 1889, e Ronit Chaim si occupano dell’assistenza sociale. Un ambito complesso e che fornisce il primo aiuto e si trova a fronteggiare le situazioni più disparate: da chi non riesce a pagare la bolletta del telefono a chi deve fare una costosa operazione. La missione è quella di non rendere l’utente un assistito a vita ma di fornire le basi sulle quali costruire la scala per la risalita. Le assistenti sociali collaborano a stretto contatto con il ramo delle Deputazione di consulenza psicologica. Settore nel quale operano le psicologhe e psicoterapeute Dafne Arbib e Regina Schapirer. Il servizio si muove in due direzioni: il lavoro in Deputazione e quello a scuola. Il primo si rivolge al singolo, alla coppia e alla famiglia. Inizia con una serie di colloqui conoscitivi che portano a valutare la necessità di un trattamento psicologico breve o prolungato che coinvolge strutture territoriali o interne alla Comunità. Disagi generazionali, problemi di coppia e traumi dati da lutti, perdita del lavoro o malattie sono al centro dell’attenzione. A scuola è in collaborazione con il Servizio di Psicologia Scolastica della Comunità ebraica di Roma. Lavora all’interno di una equipe specializzata in età evolutiva. Cura principalmente uno sportello di ascolto psicologico che coinvolge studenti, genitori e insegnanti. Saltuariamente intervengono operatori domiciliari che supportano i genitori nelle attività che occupano la vita del bambino. Sandra Piperno dirige un altro settore importante, quello degli anziani, diviso in due progetti. ‘Radici’, si occupa di assistenza e ha previsto la formazione di dieci OSS (Operatore socio sanitario) e ‘Meglio ben accompagnati che soli’ che organizza attività ricreative in collaborazione con il Centro Pitigliani e si serve di un pulmino per i trasporti. Angelo di Porto dell’Ufficio lavoro ha un ruolo centrale. Indirizza infatti, giovani e meno giovani nel mondo del lavoro, incrociando offerte e richieste. Sottolinea l’importanza della formazione e di come si organizzano corsi volti a dare i requisiti necessari a chi è in cerca di lavoro (ultimo quello di computer). Fortunee Habib si occupa invece della sopracitata Claims Conference per aiutare gli anziani aventi diritto di aiuti in quanto sopravvissuti della Shoah, mantenendo uno stretto contatto con Israele. Infine Carola Caviglia, cui è assegnato uno dei nuovissimi ruoli della Deputazione. Lavorando a stretto contatto con il presidente, Carola si occupa della partecipazione a eventuali bandi regionali, a iniziative promozionali e fund raising. Cura quindi l’immagine ma anche l’effettivo funzionamento dell’ente (che necessità una continua ricerca di fondi). Tra le ultime proposte quella delle bomboniere solidali che allargano il campo dei benefattori avvicinandosi a una fascia più giovane. Un’attività febbrile quella della Deputazione, una signora centenaria arzilla come non mai.
Rachel Silvera (Pagine Ebraiche, dicembre 2011)