…istruzione

Impressionanti i dati, ripresi stamattina da Paolo Di Stefano sul Corriere della Sera, forniti da Tullio De Mauro, uno dei nostri maggiori linguisti, sulle capacità linguistiche degli italiani: in un paese come l’Italia, in cui l’obbligo scolastrico è di dodici anni, il 71% degli italiani è incapace di comprendere un testo di media difficoltà. L’analfabetismo di ritorno è sempre più diffuso e un 5% degli italiani è totalmente analfabeta. Il fenomeno, si ha l’impressione, non riguarda più, come nel momento della crescita dell’alfabetizzazione, il mondo delle campagne, ma anche le zone urbane. Insomma, la crescita dell’apprendimento e del sapere non si è soltanto fermata, ma sta precipitando indietro rapidamente. Nell’età preindustriale, prima dell’emancipazione, l’alfabetizzazione era diffusa nel mondo ebraico molto più che nel mondo esterno (anche se non tanto quanto si dice comunemente). Oltre a motivi religiosi e rituali, c’era anche l’appartenenza urbana della maggior parte degli ebrei, almeno in Europa Occidentale, e anche una maggiore tendenza a condividere lettura e scrittura con le donne e una maggiore considerazione sociale del sapere rispetto, ad esempio, al successo e alla ricchezza.
Oggi, siamo sicuri che i dati di De Mauro non riguardino anche il mondo ebraico? Siamo sicuri che questo allarme non ci tocchi da vicino? Siamo sicuri di essere fuori da questa tendenza (o controtendenza) della società italiana? Mentre scrivo, ho ancora freschi in mente i discorsi tenuti ieri, all’UCEI, sulla stampa ebraica. Sono temi che riguardano molto da vicino questo problema. La cultura, la conoscenza, passano nel mondo ebraico anche da questo canale: dai nostri giornali, dalle nostre riflessioni, dalle nostre letture.

Anna Foa, storica