Vitalità e riscoperta dell’ebraismo polacco
Si è svolta domenica la consueta Giornata di studio della Comunità ebraica di Venezia, giunta alla sua trentaseiesima edizione, un evento che ogni anno riunisce nelle sale comunitarie studiosi e semplici curiosi interessati a conoscere più a fondo le molteplici sfaccettature della cultura ebraica. Tema filo conduttore di quest’anno è “La città degli ebrei: ghetti, quartieri, shtetl fra passato e presente”. Un interessante percorso storico-architettonico che ha posto per l’appunto l’attenzione sul tema degli insediamenti ebraici nei secoli. A introdurre la giornata un breve discorso del presidente della Comunità ebraica di Venezia, Amos Luzzatto, che ha espresso la sua soddisfazione per la prosecuzione di una tradizione così importante per la Comunità lagunare, una realtà che da sempre ha accolto le diverse correnti dell’ebraismo ortodosso e che quest’anno ha voluto guardare al di là dei propri confini. La Giornata di studio è stata infatti l’evento conclusivo del Festival della cultura ebraica polacca organizzato a Venezia dal 20 al 29 novembre e che ha assunto particolare significato proprio per la posizione geografica e storica della Comunità locale, in costante rapporto con la Polonia: dagli stampatori ebrei a Venezia che dopo il rogo dei Talmud del 1553, passarono il testimone agli stampatori di Cracovia, ai rapporti familiari tra i rabbini del Veneto e quelli polacchi. Il festival è stato organizzato dall’Istituto Polacco di Roma, dalla Comunità ebraica di Venezia e dall’Associazione per i 500 anni del Ghetto di Venezia in collaborazione con il Centro Veneziano di Studi Ebraici Internazionali, la Biblioteca Archivio “Renato Maestro”, l’Associazione Amici del Conservatorio, il Museo Ebraico di Venezia e la Casa del Cinema che per l’occasione ha dedicato una rassegna cinematografica allo sguardo del grande regista polacco Andrej Wajda sul rapporto fra ebrei e Polonia. “Un’occasione – ha sottolineato Amos Luzzatto – per inaugurare una serie di iniziative che ci condurranno alle celebrazioni per i 500 anni del Ghetto di Venezia e l’opportunità di vedere coinvolti, sia nell’organizzazione del festival che nella moderazione della Giornata di studio, giovani intellettuali della Comunità ebraica di Venezia, come Gabriele Mancuso e Shaul Bassi. Un simbolico passaggio di consegne sul piano culturale”. L’intervento di apertura di Donatella Calabi, docente dell’Università IUAV di Venezia, ha posto l’attenzione sulla nascita di insediamenti ebraici dall’Italia all’Europa centrale e dell’Est, proprio in quelle città dove era preesistente un modello di cosmopolitismo consolidato. Si pensi all’esempio di Venezia, città che da sempre ha ospitato i mercanti da Oriente ad Occidente, nei famosi “Fonteghi”. Molti mercanti stranieri, che si recavano a Venezia per condurre i loro affari, avevano dei “luoghi di scambio e alloggio” a loro dedicati: in arabo Funduq (dimora modesta, locanda). A dispetto del nome questi luoghi erano estremamente sfarzosi e si affacciavano sul Canal Grande per avere una facile via di accesso per le navi di medie dimensioni. Queste ambasciate commerciali ante litteram non chiudevano neanche in caso di ostilità con il paese ospitato: un esempio emblematico è rappresentato dal Fontego dei Turchi che restò sempre in attività nonostante i conflitti tra Venezia e l’Impero turco-ottomano. Nel secondo intervento della giornata, di Giuseppe Bonaccorso dell’Università di Roma Tor Vergata, si è parlato invece dei quartieri ebraici in Moravia, regione orientale della Repubblica Ceca identificando diversi modelli di insediamento: dai ghetti aperti inseriti all’interno delle città, e quindi veri e propri quartieri indipendenti, ma integrati, a quartieri chiusi, circoscritti entro barriere architettoniche o naturali. Degli ebrei a Dubrovnik, a Spalato e a Sarajevo e del formarsi di un triangolo cosmopolita ha parlato Jasenka Gudeli dell’Università di Zagabria, seguita nel pomeriggio dagli interventi del rabbino capo di Padova, rav Adolfo Locci, relativo alla figura di Moshè ben Israel Isserles e al suo commento allo Shulchan ‘Aruch di Yossef Caro, e della giornalista Ruth Ellen Gruber, su Kamizierz e l’evoluzione dello spazio ebraico. In chiusura, la proiezione del film di Yael Bartana “…and Europe Will Be Stunned”. Il progetto, presentato nel padiglione polacco alla 54esima Biennale di Venezia, è composto da una trilogia di film sull’attività del Jewish Renaissance Movement (Movimento per la Rinascita Ebraica) in Polonia, mostrato dall’artista come un movimento politico che chiamava gli ebrei a emigrare verso la cattolica Polonia.
Michael Calimani