La bontà delle intenzioni

Il passo di rav Roberto Della Rocca fa riflettere, ma sembra insistere troppo su un aspetto ideale della vita, che invece è più complessa di quello che forse sarebbe desiderabile.
E’ vero, le “relazioni forti” consentono atteggiamenti sinceri, ma la bontà delle intenzioni deve essere sempre il centro delle azioni, se per intenzione buona si intende la coerenza a lungo termine con gli insegnamenti della Torah: mettersi sempre nei panni del prossimo e limitare le sofferenze più che si può. Rebecca fu un essere umano con le sue debolezze e Isacco fu attratto da lei per la sua bellezza e non per la loro compatibilità psicologica. Rebecca credette che favorire il figlio prediletto corrispondesse al volere di Dio e non si sbagliò di molto. Se si è in buona fede, è l’intuizione che detta il male minore. Nelle Massime dei Padri, è scritto che avere “un cuore buono” è il pregio maggiore. Ne parla anche Heschel nel “Dio ha bisogno dell’Uomo”. La kavanah è sempre il giudice più adatto a scegliere il male minore. La tragedia della Shoah ha raccontato di migliaia di inganni che hanno salvato migliaia di sofferenze e di tragedie.

Roberto Paggi