Tea for two – Sindrome di dicembre
Roma sembra una signora agghindata che ha esagerato con gli accessori. Girano pochi soldi, ma i giornali dedicati al popolo femminile inseriscono con una punta di sadismo lo speciale regali e il consumismo si veste a festa. La sindrome da mancanza di Natale sta per colpirci. E se in America anche Chanukkah è parte integrante del business “auguri di buon natale e felice anno nuovo”, in Italia dovremmo accontentarci di appoggiare le manine sul vetro di un negozio di balocchi (con esposto, ovviamente, un trenino vintage fiammante) e osservare con cupidigia come se fossimo dentro un romanzo di Dickens. Se i tuttologi snobbano il Natale e lo sdoganano come pura invenzione di qualcuno per governare il mondo e convincerci che siamo tutti un po’ più buoni, noi che non lo abbiamo mai festeggiato non possiamo fingere di non subire il fascino delle piccole gioie culinarie, degli abeti decorati con la neve finta e dei pacchetti in bilico a formare una piramide. Ma non disperiamo, gli insider narrano del cenone come della prefigurazione di un girone infernale, con vecchi segreti che salgono in superficie, zii che danzano sfrenati tra le braccia di Bacco e il panettone che si schianta sulla faccia di un commensale sfortunato. Più o meno un seder riuscito male (in Usa hanno anche girato un film parodia dal titolo ‘When do we eat?’). Puntiamo dunque lo sguardo alla chanukkiah accanto alla finestra e dimentichiamoci dell’abete sintetico vicino al camino crepitante.
Rachel SIlvera, studentessa