La misura di una democrazia
Una democrazia si misura in vari modi. È elementare che il popolo possa esprimere la sua classe dirigente attraverso libere elezioni. Ma questo non è sufficiente. È essenziale che i programmi dei partiti politici che competono siano democratici, o per lo meno decenti. E questo in molti paesi, in particolare arabi, non avviene. Infine, è fondamentale che non solo dall’opposizione, ma anche e soprattutto dalla parte dei vincitori che hanno conquistato il potere si possa ascoltare una pluralità di voci. E questo è raro perfino nelle democrazie avanzate. In Israele, in questi giorni, sentiamo Meir Dagan, l’ex-capo del Mosàd – la potente agenzia della sicurezza israeliana che opera in paesi esteri – e persona che sa alcune cose sull’Iran, esprimersi esplicitamente contro un attacco israeliano nel paese sciita. Sentiamo il ministro Dan Meridor, vecchia guardia del Licud e membro del gruppo strategico degli otto all’interno del gabinetto Netanyahu, criticare severamente l’ingerenza di ministri e deputati governativi contro la libertà di associazione e la libertà di opinione. Sentiamo il consigliere legale del governo, il potente Attorney General Yehuda Weinstein, esprimersi contro la pericolosa erosione del potere giudiziario da parte del legislativo e dell’esecutivo. Questi segnali forti dimostrano che la vittoria elettorale, la maggioranza parlamentare, e l’egemonia di governo non comportano la fine del dibattito politico e la messa a tacere di tutte le voci dissenzienti. Israele è spesso accreditata come l’unica democrazia del Medio Oriente, e queste sono le ricevute.
Sergio Della Pergola, Università Ebraica di Gerusalemme