Scuse e solidarietà

Prima che i tragici fatti di Firenze facessero passare in secondo piano l’assalto di Torino contro il campo nomadi, per quasi un giorno i telegiornali hanno dedicato ampio spazio alle scuse della ragazzina che si era inventata lo stupro, quasi come se la colpa dell’accaduto fosse sua (solo uno tra quelli che ho sentito ha commentato che sarebbero stati altri a doversi scusare): un approccio molto inquietante, perché sembra quasi implicare che se lo stupro fosse stato vero il pogrom sarebbe stato giustificato, come se una punizione collettiva fosse una cosa perfettamente logica. Ancora più assurdo prendersela con una sedicenne che non è stata capace di assumersi le proprie responsabilità se pensiamo che questa è una caratteristica costante della società italiana di oggi (dai politici ai genitori che prendono le difese dei figli quando hanno difficoltà a scuola), per cui l’unico problema, quando c’è una situazione difficile da affrontare, non è immaginare le possibili soluzioni ma trovare qualcuno a cui dare la colpa. Che una ragazza cresciuta nell’Italia di oggi si senta responsabile per un’azione violenta a cui non ha partecipato in alcun modo, solo perché è stata usata come pretesto una sua bugia un po’ sciocca e ingenua, può apparire da un lato come un sintomo incoraggiante di un barlume di speranza che arriva dalla prossima generazione, ma dall’altro dimostra una vergognosa vigliaccheria da parte del mondo degli adulti, pronto a scaricare allegramente su una ragazzina sprovveduta le responsabilità di una società violenta e intollerante.
Oggi la Comunità di Torino ha ricevuto la visita del Ministro per la cooperazione internazionale e l’integrazione Andrea Riccardi, che ha dedicato la giornata alla città, ed in particolare al quartiere multietnico di San Salvario, incontrando comunità religiose e associazioni di immigrati. In questo contesto il Presidente della Comunità Beppe Segre ha espresso “tutta la nostra solidarietà dopo l’attacco squadristico al campo di nomadi, avvenuto proprio qui a Torino, e che di un pogrom ha tutte le caratteristiche: la violenza insensata ed irrazionale ad un gruppo minoritario ed emarginato, sulla base di stereotipi e di falsità” e ha poi proseguito citando i passi della Torà in cui si prescrive il rispetto per lo straniero, ricordando che “anche noi fummo stranieri, anche noi abbiamo conosciuto lo stato d’animo dello straniero”. Una solidarietà che qualcuno (stando alle voci sentite durante l’assemblea comunitaria del 14 dicembre) avrebbe forse voluto più tempestiva e incisiva, ma che comunque acquista visibilità nel contesto istituzionale in cui è stata espressa. Oltre a questo, almeno noi dovremmo essere capaci di ragionare sulle cause dell’accaduto senza cadere nella trappola di chi scarica le responsabilità su qualche teppista o su una ragazzina ingenua.

Anna Segre, insegnante