In cornice – Yehudà Hamakkabi

La storia di Channukkà e la figura di Yehudà Hamakkabi, che ci paiono totalmente nostre, sono state fatte proprie dal mondo cristiano in modo sorprendente e variabile.
La scorsa settimana, passeggiando all’esterno dell’abside del Duomo di Milano, ho guardato la statua di Yehudà Hamakkabì datata 1497 (è una delle migliaia del complesso). E’ vestito da soldato di Roma – proprio quello che era diventato secondo le accuse dei nostri Maestri dei tempi del Talmud. Possibile che lo scultore, un artigiano dal nome di Andrea Fusina, avesse letto le nostre fonti? Non è così – attenzione a guardare tutto dalla nostra prospettiva. Yehudà Hamakkabì divenne, dal ‘200 e soprattutto dal ‘300, una figura popolare nella letteratura cavalleresca, esaltata dal poeta Jacques de Longoyon (ma anche da Dante nel Paradiso) come uno dei cosiddetti “nove prodi”. Cosa aveva fatto? Era morto giovane combattendo contro i pagani, come fosse un cavaliere medievale, non un ebreo del II secolo a.e.v. La storia era popolare soprattutto in Francia e in Germania dopo il fiasco delle Crociate, in cui i primi a farne le spese eravamo stati soprattutto noi. Un assurdo, se vogliamo. Come assurdo è il modo in cui il “prode” Yehudà viene scolpito nel Medioevo, con uno strano turbante arabo al posto dell’elmo (si veda il bassorilievo del Comune di Colonia o la fontana di Norimberga). Il nostro Fusina, ha fatto un passo in più. Yehudà è diventato un soldato romano, tipicamente occidentale, pronto per diventare un campione della cristianità. Difatti lo si trova anche a discutere di eucaristia (?!) nella stanza della Segnatura di Raffaello in Vaticano. L’Oriente non andava più di moda e quel che di buono aveva l’ebraismo andava totalmente fatto proprio. Prima che la Controriforma lo facesse sparire e lo si ritrovasse nel Settecento. Ma questa è un’altra storia.

Daniele Liberanome, critico d’arte