Qui Ferrara – La città estense accende la prima luce e apre le porte del nuovo museo dell’ebraismo italiano
Il Museo dell’ebraismo italiano e della Shoah, il grande cantiere culturale di Ferrara che farà della città estense una delle capitali dell’Italia ebraica, ha aperto i battenti con la prima luce. Al momento di accendere il primo lume di Chanukkah, attorno alle autorità intervenute per il taglio del nastro tricolore si sono raccolti in massa numerosi cittadini. Raffaella Mortara, consigliere della Fondazione Meis e curatrice delle mostre “Versione Beth”, “È arrivato l’ambasciatore” e “Italia di Luci” inaugurate ieri e aperte fino al prossimo 5 febbraio, in veste di ‘padrona di casa’ ha provato più volte a convincere i presenti a non accalcarsi davanti al cancello, ma la curiosità e l’attesa per l’inaugurazione della palazzina erano troppo forti per darle retta. A Ferrara, in via Piangipane 81, si sono ritrovati in migliaia a dimostrare quanto il Meis sia considerato prezioso e importante: né la chiusura della strada, né la temperatura davvero rigida sono riuscite a ridurre il calore con cui i ferraresi hanno voluto farsi sentire. La festa è iniziata all’esterno, con il saluto di rav Luciano Caro, rabbino capo della città, che ha poi dato il via all’accensione della Chanukkiah che sovrasta l’ingresso. A seguire l’apertura del cancello e il taglio del grande nastro tricolore con il presidente della Fondazione Meis Riccardo Calimani e il sindaco Tiziano Tagliani, per poi spostarsi nel cortile che separa la palazzina (in cui andranno a collocarsi gli uffici) e il nascente Museo. Là era allestito un tendone in cui si sono accalcati in molti, per assistere ai discorsi ufficiali e anche per cercare di scaldarsi un poco. Il primo a pronunciare parole di benvenuto è stato il sindaco, seguito dal presidente della Provincia di Ferrara Marcella Zappaterra che ha sottolineato “il risultato raggiunto oggi, dimostrazione di come quando gli enti riescono a lavorare in squadra i risultati siano ottimi”. “La ristrutturazione della palazzina – ha ricordato poi Carla Di Francesco, direttore Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Emilia-Romagna – ha seguito criteri tradizionali per quanto riguarda gli esterni, che sono stati rispettati nelle loro caratteristiche tipiche della tradizione ferrarese. Per l’interno di quello che viene per ora chiamato il Museo Piccolo sono state scelte invece soluzioni tecnologiche e moderne come, per esempio, pareti interamente rivestite in metallo in modo da permettere un più semplice avvicendarsi degli allestimenti, sorretti da elementi magnetici riposizionabili in qualsiasi punto delle sale espositive”. Il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna ha espresso la sua “ammirazione, amicizia e gratitudine per Ferrara, città che ha avuto la capacità e il coraggio di buttarsi in un’avventura che dovrà ancora superare mille difficoltà ma in cui si è trovata una concentrazione di persone civili, appassionate e interessate alla ricerca grazie alle quali si può ben sperare per il futuro. Si tratta di un’avventura senza precedenti in Italia, che presta concreta attuazione ai principi costituzionali di libertà e uguaglianza per tutti”. A chiudere i discorsi ufficiali è stato Riccardo Calimani, che ha letto il saluto giunto dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, il quale – impossibilitato a partecipare – ha comunque voluto esprimere “plauso e compiacimento” per l’iniziativa sottolineando che “il progetto elaborato dalla Fondazione Meis, in corso di attuazione, offrirà un importante contributo per la conoscenza della storia dell’ebraismo italiano, come di aspetti significativi della storia del nostro Paese. La bimillenaria presenza ebraica in Italia ha svolto, in epoche diverse, e svolge ancora oggi, un ruolo culturale di rilievo”. Calimani ha poi spiegato ai presenti che il Museo “non sarà statico ma diventerà soprattutto un laboratorio di idee anticonformista e controcorrente che dovrà avere contenuti autentici ma legati in primis a Ferrara, all’Italia, per poi arrivare ad avere un respiro europeo, da cittadini del mondo”. Nel tendone intanto molti godevano del buffet allestito per l’occasione. Gli invitati sono stati divisi in più gruppi e a turno hanno visitato gli allestimenti aiutati dalle audio guide curate da Raffaella Mortara, che ha ricordato come “questo sia solo un piccolo assaggio di ciò che diventerà: un grande libro in cui tutti ritroveranno un pezzo della propria storia”. Intanto all’esterno della struttura la fila continuava ad ingrossarsi.
Ada Treves
Il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna, intervenendo a Ferrara in occasione dell’apertura del Meis, ha rivolto il seguente indirizzo di saluto:
“Questa è l’occasione che aspettavo per esprimere alla città di Ferrara e ai suoi rappresentanti politici e amministrativi l’ammirazione, l’amicizia e la gratitudine delle comunità ebraiche italiane. Voi ferraresi avete avuto la capacità e il coraggio di lanciarvi insieme a noi in questa eccezionale ed emozionante impresa che oggi inizia a prendere forma. Sin da quando l’idea è stata lanciata molti amici mi hanno chiesto “Ma perché proprio a Ferrara?”. All’inizio davo risposte generiche, ora la mia è una risposta precisa: “Perché a Ferrara e in tutta la regione Emilia Romagna abbiamo incontrato donne e uomini di alto livello che sanno coniugare cultura, storia e arte. Soprattutto persone civili, appassionate alla ricerca del vero e del giusto, pronti a lottare per sconfiggere discriminazioni e pregiudizi, pronte a ricercare e a valorizzare la dignità e la ricchezza delle diverse culture e delle diverse tradizioni”.
“Vi sto comunicando questi pensieri sui quali rifletto da tempo solo oggi, per un semplice motivo. Perché oggi inauguriamo una prima parte piccola ma concreta del Museo. Prima di oggi queste stesse parole sarebbero potute sembrare retoriche o apologetiche e quindi appartenenti ad uno stile che non mi appartiene. Quando si partecipa alla costruzione di qualcosa di nuovo bisogna attenersi ai fatti concreti e ragionare con realismo. Per questo vi invito a non sottovalutare le difficoltà che ancora dovremo superare per giungere alla completa realizzazione del progetto che ci siamo proposti. Il progetto è molto ambizioso e non ha precedenti in Italia. Non sarà facile ricostruire con precisione e raccontare in modo chiaro e avvincente i 4mila anni della storia e del pensiero ebraico e gli oltre 2mila anni di presenza ebraica in Italia. Sono fiducioso che riusciremo a vincere questa sfida per un duplice motivo: culturale, perché tutti i membri del Consiglio e tutti i collaboratori hanno preso coscienza che qui si tratta di riscoprire interi capitoli poco conosciuti di storia italiana e di storia ebraica intrecciati e indissolubilmente legati tra loro; politico, perché se questo Museo nasce oggi significa che solo oggi si sono verificate tutte le condizioni perché questo avvenga: a 70 anni circa dalla Shoah e 63 anni dopo l’emanazione della Costituzione repubblicana che ha sancito libertà e uguaglianza di diritti per tutti. Costruire il Museo dell’Ebraismo Italiano e della Shoah acquista quindi anche l’alto significato di dare una concreta attuazione al dettato costituzionale”.