Ran, in sella per spiccare il volo
È un sogno che diventa realtà, una gioia immensa che ripaga di molti sacrifici e che dedico a tutta Israele”. Ran Margaliot, 23 anni, ha appena firmato il primo contratto professionistico della sua giovane carriera con Saxo Bank, super team danese al servizio di Alberto Contador. Si tratta di un passaggio storico per il ciclismo israeliano; mai nessuno aveva pedalato a queste altezze.
Intervistiamo Ran al termine del ritiro autunnale organizzato da Saxo Bank in Galilea per gettare le basi di un 2012 ricco di trofei e soddisfazioni. Parla un italiano eccellente. Le sue motivazioni sono fortissime.
Ran, innanzitutto complimenti. Toglici una curiosità. Com’è che, in un paese di aspiranti calciatori e giocatori di pallacanestro, sei diventato ciclista?
È successo quasi per caso. Avevo 12 anni, ero grassoccio e volevo assolutamente perdere peso. La bicicletta era forse la soluzione più immediata. Pian piano c’ho preso gusto e la necessità è diventata una passione. Sembra uno scherzo, eppure è andata così.
Ai tempi della leva militare obbligatoria ti sei continuamente diviso tra caserma e allenamenti. Pensi di avere perso delle possibilità rispetto ai tuoi colleghi di altri paesi?
Non è stato facile, ma farne un dramma sarebbe eccessivo visto che ho goduto di non poche agevolazioni: dormire a casa, compiti non particolarmente gravosi, flessibilità negli orari. Per tre mesi l’anno mi è stata inoltre offerta l’opportunità di correre all’estero. Ho visto posti e facce nuove, ho respirato l’aria del mondo. Sarei un ingrato a lamentarmi.
Affacciarsi al professionismo indossando la divisa della Saxo Bank significa entrare nel mondo dei “grandi” dalla porta principale. Ti senti pronto per questa sfida?
Sì, sono pronto. L’occasione che mi si presenta è unica, cercherò di non tradire la fiducia di compagni e dirigenti.
Che corridore sei? Quali corse prediligi?
Partiamo col dire che non ho propriamente un fisico mostruoso. Sono piccoletto (60 kg distribuiti su 171 centimetri di altezza) e quindi più adatto alle tappe di montagne che agli sprint veloci. Il mio peso è però in continua evoluzione, capirò meglio strada facendo.
Qual è il principale obiettivo che ti sei posto in carriera?
Voglio essere il primo israeliano a correre il Tour de France. Ad alcuni può sembrare una pretesa eccessiva ma è un sogno che ho da quando adolescente guardavo in televisione il gruppo sfrecciare sugli Champs-Elysees. Un giorno so che ce la farò.
E in Italia invece quando ti vedremo?
Molto presto. Ho appena ricevuto da Bjarne Riis, il nostro direttore sportivo, la scaletta degli impegni per i primi sei mesi del 2012. Farò il mio esordio ad una grande classica: la corsa delle Strade Bianche. Su è giù per i sentieri del senese, scalando colline che hanno visto crescere alcuni mostri sacri di questa disciplina.
Il tuo italiano tra l’altro è quasi impeccabile.
Grazie, ma posso migliorare ancora. Adesso, per alcuni mesi l’anno, sarò di stanza a Lucca e dovrò farlo senz’altro se vorrò sopravvivere alle “c” aspirate dei toscani.
A Lucca ritroverai Liv Nibner, l’amico e connazionale con cui hai condiviso buona parte del percorso dalle giovanili al professionismo. Liv adesso corre per il team Amore e Vita. Tra voi sarà feeling o competizione?
È inevitabile che a legarci indissolubilmente siano esperienze e passioni comuni. Però siamo entrambi atleti, l’agonismo fa parte della nostra vita. Quindi, in corsa sarà senz’altro bagarre. Non può che far bene, a noi e alla crescita di tutto il movimento in Israele.
Il divario con l’Europa è ancora così significativo?
Sì, è un deficit soprattutto mentale. Pochi vedono nel ciclismo una professione. Magari un hobby, un piacevole passatempo, ma certo non un mestiere. E poi c’è la leva, ovviamente, che ti frena nel momento di massimo slancio. Spero che io e Liv saremo in grado di dare la giusta visibilità a questo sport meraviglioso.
Magari una mano potrebbe arrivare dagli sponsor. Ha suscitato ad esempio molta curiosità la decisione presa dalla Saxo Bank di organizzare il ritiro autunnale in Galilea. Che ne pensi?
Sì, forse qualcosa sta cambiando. Superfluo dire che sono stati giorni indimenticabili. Allenamenti tra gruppi di folla entusiasta, incontri straordinari come quello col presidente Peres, iniziative nel sociale per aiutare giovani arabi ed ebrei. Ciliegina sulla torta una pedalata nelle strade della Città Vecchia di Gerusalemme. Cose mai viste da queste parti, segnali che forse c’è finalmente spazio per maggiore professionalità e partecipazione. Lo stesso Contador ha raccontato di essere stato impressionato da Israele. Era davvero colpito, ve lo posso assicurare.
Inevitabile a questo punto una domanda sul tuo futuro capitano. Com’è Contador nel quotidiano? Quali segreti speri di carpire pedalando al suo fianco?
Un fenomeno in tutti i sensi, formidabile sui pedali e allo stesso tempo umile nel privato. Ma parlare esclusivamente di Alberto sarebbe fare un torto agli altri compagni di squadra. Questo è un gruppo eccezionale e io non posso che essere orgoglioso di farne parte.
Adam Smulevich (Pagine Ebraiche, gennaio 2012)