…Israele

Israele continua a porci di fronte a interrogativi disturbanti. Francesco Lucrezi commenta una mia nota affermando che Israele ha molti avversari, spesso per cause indipendenti dalla sua politica, e ha quindi bisogno assoluto di essere difeso. E ha ragione. Devo dunque chiudere gli occhi di fronte a quello che vedo e che sento? È questo il modo migliore di difendere la causa di Israele? E su queste premesse è possibile stabilire un dialogo? Capita a volte di sentirsi ‘diversamente umani’ solo perché si crede nella giustizia sociale, nell’equità fiscale, nel dovere di ciascuno – individui e istituzioni, senza distinzione -, di rispondere delle proprie azioni e delle proprie menzogne, in Italia o in Israele. Talora, di fronte a certi dibattiti, si è colti da un dubbio: se si contesta una politica di destra in Italia, e magari anche in Israele, si è per questo ebrei meno sensibili alla causa di Israele? E quale giudice potrà assolvere da questa ‘colpa’? E se i miei dubbi etici nei riguardi delle nostre alleanze con la destra in Italia o nei riguardi del comportamento di Israele vengono poi strumentalizzati dagli antisemiti e dai nemici pregiudiziali di Israele, dovrò sentirmi colpevole per aver espresso un’eccessiva sensibilità etica? Questa, naturalmente, non è una risposta implicita all’interrogativo, come qualcuno sarà tentato di intendere, è semplicemente un ulteriore interrogativo lacerante, che si auspica nessuno sia tentato di strumentalizzare. Mi si dice che come ebreo italiano ho il dovere di sostenere Israele a tutti i costi. Anche le azioni dei coloni? Anche la discriminazione delle donne ad opera degli integralisti religiosi? E intanto Sandro Di Castro, israeliano di Haifa, si chiede su Moked perché il rabbinato italiano non dica la sua su quanto sta accadendo in Israele.

Dario Calimani, anglista