comportamento…

Solitamente tutti i Mefarshim – commentatori, giudicano il comportamento della figlia del Faraone le kav zecùt – dandone un giudizio positivo. Ciò però potrebbe non esser così. Innanzi tutto ci si deve domandare quando sia terminato il decreto del Faraone di uccidere i maschi ebrei, poiché più avanti nella Torah noi vediamo Moshè Rabbènu contornato da giovani (Yehoshua, Kalèv, etc.). Sappiamo che Moshè è stato destinato da Dio ad essere il Ghoèl – redentore d’Israele, e che da Dio stesso era protetto, ciò è dimostrato dal fatto che la madre Yoheveth riuscì a tenerlo nascosto per i primi 3 mesi, e che non gli accadde nulla anche quando fu messo nella Tevà – cesta. Quando però la figlia del faraone lo vide nella cesta prima ebbe compassione perché lo vide piangere, e poi disse: “Questo è uno dei bambini ebrei” (Shemòth 2,6). Lì capì che quel bambino era il Ghoèl – il redentore annunciato dagli astri, e si rese conto che non sarebbe stato possibile ucciderlo poiché Dio lo proteggeva. Lei allora pensò che non potendo uccidere il corpo forse avrebbe potuto uccidere la sua anima, crescendolo in mezzo all’avodà zarà – il culto idolatrico e alla ricchezza sicuramente si sarebbe dimenticato della sua missione. Allora le diede un nome egiziano Moshè che significa “io l’ho tratto dalle acque”. I Maestri c’insegnano che una delle cose che ha mantenuto i figli d’Israele in Egitto è stato proprio mantenere la tradizione dei nomi ebraici. E se ci soffermiamo sul significato del nome Moshè e se a questo associamo il noto insegnamento dei Maestri che l’acqua è la Torah, allora ne deduciamo che la figlia del faraone gli dà questo nome con l’intenzione di sradicarlo dalla fonte della vita, che è la Torah. Ma i Maestri ci hanno insegnato che l’anima ebraica non si spegne mai, e anche quando il fuoco è spento i carboni sotto le ceneri sono sempre accesi e basta un piccolo soffio di vento per far riaccendere il fuoco che sembrava spento. Così accadde a Moshè Rabbènu, dopo essere stato cresciuto in mezzo all’avodà zarà e alla ricchezza, si risveglia quando vede l’egiziano picchiare un ebreo. Questa spiegazione può essere uno dei motivi perché il faraone permise a sua figlia di portare e crescere un bambino ebreo nella sua casa. E viene ad appoggiare questa tesi il Midrash che ci dice che Moshè quando era bambino fu messo davanti a un tavolo dove c’erano pietre preziose e carboni ardenti, e che la sua mano stava per prendere le pietre e Dio gliela spostò sui carboni, poiché se avesse preso le pietre il faraone lo avrebbe fatto uccidere. Molto probabilmente in quel momento il faraone decide di interrompere il suo decreto fermando il massacro dei bambini ebrei perché convinto di aver oramai traviato il loro redentore.

David Sciunnach, rabbino