…trappole
A volte la contemporaneità insegna di più sul passato che molti libri di storia. Spinto dal clamore del caso ungherese, che fortunatamente ha offerto il pretesto per l’intervento attivo di UE e FMI con l’estensione della longa manu governativa sulla Banca Centrale della Stato, vado alla ricerca di opinioni della Chiesa e di politici cattolici sulla riduzione del Cristianesimo a religione nazionale. E cosa trovo? Grandi elogi per le tendenze antiaboriste del governo Orban (così anche il nostro Buttiglione), lo stesso per la difesa del matrimonio uomo-donna. Entusiasmo per il contrasto alla deriva laicista dell’attuale Europa e per la difesa della propria identità nazionale che resiste all’imperialismo europeo (non ha però fatto schifo prendere 20 miliardini nel 2008 dalla BCE e chiederne altri ancora oggi). Il silenzio di Pio XII può così essere letto in altra luce: forse non erano solo questioni diplomatiche ma anche convergenze fra alcuni rami della Chiesa e le idee cavalcate dall’estrema destra europea. Forse, dovendo analizzare il problema da un punto di vista filosofico, fra un universalismo astratto che non tiene conto delle differenze e un nazionalismo che considera gli Altri come un limite alla propria espansione identitaria. Spero che anche noi non si cada nella trappola di difendere la nostra specificità collocandoci pacificamente in uno dei due poli di questa dialettica.
Davide Assael, ricercatore