La lussuria, la modestia e il Talmud
La rilevanza religiosa della modestia può essere disgiunta dal desiderio maschile di controllo sul corpo delle donne? Considerando i recenti avvenimenti, in Israele, sembrerebbe proprio di no. Il mese scorso Naama Margolese, una innocente bambina di otto anni che vive a Beit Shemesh, vestita modestamente, ha descritto come alcuni estremisti religiosi – tutti uomini – l’abbiano umiliata e le abbiano sputato addosso perché ritenevano che non fosse vestita in maniera abbastanza modesta mentre camminava verso la scuola religiosa che frequenta. E capita sempre di più che gli autobus pubblici, in Israele, applichino una segregazione di genere imposta dai passeggeri ultraortodossi sia all’interno che in vicinanza delle zone da loro frequentate. E guai alle ragazze e alle donne che rifiutano di spostarsi nel retro dell’autobus. Tutto ciò è rientra in una battaglia più ampia in corso in Israele fra gli ultraortodossi e il resto della società israeliana, che dibatte del ruolo delle donne nella società, del diritto stesso di essere una presenza visibile e di occupare un posto nella sfera pubblica.
Cosa c’è dietro a questi eventi destabilizzanti?
Ci viene raccontato che sono l’effetto della concezione religiosa della modestia, secondo la quale le donne devono essere coperte e tenute nascoste in modo che gli uomini non generino pensieri impuri. Da un principio religioso destinato a regolare gli impulsi sessuali maschili si arriverebbe poi ai maschi che hanno il controllo sul corpo delle donne.
Non è un problema esclusivamente ebraico, ma il Talmud, il fondamento della legge ebraica, ci propone una risposta forse sorprendente: la responsabilità di controllare i pensieri licenziosi degli uomini sulle donne ricade in maniera chiara sugli uomini.
Ancora più esplicitamente il Talmud dice: “E’ un problema tuo, signore, non suo (di lei)”.
I maschi ultraortodossi in Israele che vorrebbero esercitare un controllo sulle donne sostengono che le stanno onorando. E dichiarano: “Non trattiamo le donne come oggetti sessuali come fate voi nella società occidentale. Le nostre donne sono più che corpi, e questo è il motivo per cui i loro corpi devono essere completamente coperti”.
In effetti, però, le loro azioni rendono le donne oggetti, ipersessualizzati. Pensateci: dicendo che tutte le donne devono nascondere il proprio corpo dicono che ogni donna è un oggetto che può scatenare gli impulsi sessuali di un uomo. Quindi, ogni donna che attraversa il loro campo visivo è vista a seconda di quanta parte del suo corpo è coperta. Non è vista come una persona nella sua interezza, solo come una potenziale tentazione a peccare.
Ovviamente quando si giudica un essere umano di sesso femminile solo attraverso l’immaginazione sessualizzata di un uomo è anche possibile trasformare una ragazzina modesta di otto anni in una seduttrice e una prostituta.
La realtà è che stiamo parlando di una mentalità che colpevolizza le vittime. Sposta la responsabilità di gestire gli impulsi sessuali maschili dall’uomo stesso a ogni donna che egli potrebbe incontrare. È una mentalità collegata con l’affermazione “Se l’è cercata”.
Così la responsabilità ricade sulle donne. Per proteggere gli uomini dai loro impulsi sessuali, le donne devono eliminare la femminilità dal loro aspetto pubblico, eliminando anche la più piccola prova evidente della propria identità sessuale.
E tutto questo viene compiuto in nome della Torah e della legge ebraica.
Si tratta in realtà di una totale perversione. Il Talmud, il fondamento della legge ebraica, riconosce che un uomo può essere sessualmente eccitato dalle donne ed effettivamente si preoccupa degli impulsi e delle attività sessuali al di fuori del matrimonio. Ma non dice alle donne che ricade su di loro la responsabilità dei desideri sessuali degli uomini. Si tratta piuttosto di una responsabilità che sia il Talmud che i Codici successivi di Leggi ebraiche attribuiscono agli uomini.
Il Talmud dice che ad un uomo è vietato guardare con intenzioni erotiche una donna, che sia bella o brutta, sposata o non sposata. Alcuni rabbini talmudici posteriori estendono questo divieto anche “al dito più piccolo” e “ai suoi vestiti colorati – anche se sono stesi ad asciugare”.
Per trasformare queste in affermazioni della responsabilità delle donne bisognerebbe chiedere alle donne ebree che si coprano anche le mani e che non facciano asciugare i vestiti in luoghi pubblici. Nessuno ha ancora affermato una cosa del genere. Non ancora, per lo meno.
Il Talmud in effetti dice al maschio religioso: Se hai un problema, gestiscilo. È lo sguardo maschile – il modo in cui gli uomini guardano le donne – che deve essere privato di implicazioni sessuali, non le donne stesse in pubblico. La certezza che gli uomini non vedano le donne come oggetto di gratificazione sessuale è esclusivamente sotto il controllo degli uomini.
La tradizione ebraica insegna agli uomini e alle donne, alla stessa maniera, che dovrebbero essere vestiti con modestia. Ma la modestia non viene definita, né tratta principalmente di quanta parte del corpo è coperta. Si tratta di comportamenti. Si tratta di riconoscere la necessità di non essere al centro dell’attenzione. Si tratta di impersonare il richiamo alla modestia del profeta Micah: impara a “Camminare umilmente con il tuo D.”
Naama, a otto anni, avrebbe alcune cose sulla modestia da insegnare, ai suoi aggressori.
Rav Dov Linzer
rav Dov Linzer è il rettore della Yeshivat Chovevei Torah Rabbinical School, Riverdale-Bronx (Usa). Nell’immagine il rav con il rav Shear Yashuv Cohen e il rav Avi Weiss.
(The New York Times – 20 gennaio 2012, versione italiana di Ada Treves)