Memoria – Chi sacralizza, chi confonde

Mi dispiace che Valentina Pisanty nel suo ultimo libro, di cui “Il fatto quotidiano” ha pubblicato uno stralcio venerdì, prenda spunto dalla mia noterella apparsa su questo portale l’8 febbraio 2011 per svolgere alcune riflessioni critiche contro quello che io avevo ritenuto “un sacrilegio” e cioè l’uso del titolo di Primo Levi “Se non ora quando” per le manifestazioni femministe e antiberlusconiane dell’anno scorso. Mi dispiace soprattutto che nell’anticipazione giornalistica questo portale venga messo innanzi a tutto il resto, a sottolineare l’increscioso vezzo ebraico di “sacralizzare la Shoah” (Chi sacralizza la Shoah, è questo il titolo scelto per l’anticipazione). Conoscendo la serietà di Pisanty avrei preferito che scegliesse come bersaglio polemico l’articolo nella sua veste più completa, apparsa prima su “L’indice dei libri del mese”, aprile 2011, pp. 8-9 poi, con titolo Difetto di fantasia, in “Lo Straniero”, XV, 130, aprile 2011, pp. 53-54. Se Pisanty avesse letto con spirito meno malizioso avrebbe capito che se di sacrilegio si deve parlare è nei confronti di Levi scrittore, non della Shoah.
Ignoro quali siano gli autori prediletti da Pisanty, credo che anche lei si irriterebbe se vedesse i titoli di Virginia Woolf storpiati o banalizzati o peggio ancora urlati su una piazza. Le manifestazioni del febbraio scorso avrebbero potuto avere come slogan “Se questo è un premier”: data la carenza di fantasia degli organizzatori la cosa non mi avrebbe per nulla stupito. Senza dire poi che il romanzo di Levi non tratta, come è noto, la Shoah, ma il riscatto di alcuni ebrei partigiani sopravvissuti ad essa. Che sia un sacrilegio accostare le figure femminili di quel romanzo a Ruby rubacuori, non è chi non veda.

Alberto Cavaglion