Qui Roma – Quell’orrore che ci ha unito

“La memoria della Shoah è un fatto decisivo dell’Europa unita che proprio sul rifiuto di quell’orrore fonda la sua comune identità”. Lo ha affermato il ministro della cooperazione internazionale e dell’integrazione Andrea Riccardi aprendo ieri pomeriggio la tavola rotonda La Shoah e l’identità europea organizzata dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e dal Comitato di coordinamento per le celebrazioni in ricordo della Shoah nella sala polifunzionale della presidenza del Consiglio dei ministri. Alla presenza tra gli altri del’ex sottosegretario Gianni Letta, del senatore a vita Emilio Colombo e dell’ambasciatore di Israele presso la Santa Sede Mordechay Lewy, il ministro Riccardi ha poi amaramente constatato come in tanti settori dell’opinione pubblica europea vi sia ancora oggi chi non riconosce i crimini della Shoah. “Non si tratta solo di negazionismo – ha spiegato Riccardi – ma di relativismo storico per cui la si affoga tra le grandi tragedie del Novecento. Nessuna tragedia è però uguale all’altra, come la morte di nessun uomo è uguale all’altra. E la Shoah spicca nel suo carattere differente, particolare e profondo”. Fresco di ritorno da un viaggio della memoria in Polonia in compagnia di oltre un centinaio di studenti e del ministro dell’Istruzione Francesco Profumo, il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna ha insistito sul nesso tra Shoah e identità europea affermando che Auschwitz “si trova nel cuore dell’Europa” e che sempre nel cuore del cuore dell’Europa partorì l’ideologia nazista che ha trascinato l’intero continente “verso un destino di morte e di distruzione”. L’idea della coesistenza pacifica, ha insistito il presidente dell’Unione, è quindi tra i temi che premono nell’agenda europea a fronte di frange e gruppi estremisti che propugnano la loro contrarietà al multiculturalismo spesso basandosi su ideologie di stampo razzista. “Con un freddo terribile che da solo bastava a farci capire quanto potevano aver patito i deportati – ha raccontato riferendosi al viaggio appena svoltosi e guardando allo stesso tempo alla trasmissione di valori positivi alle nuove generazioni dell’Europa unita – i giovani hanno ascoltato le parole di due testimoni che sono tornati da quel campo, Sami Modiano e Tatiana Bucci. Hanno poi visitato il campo, apprendendo cosa vi accadeva. O meglio, hanno ‘toccato con mano’ i concetti e le informazioni che molti di loro avevano già studiato. Ho letto sui volti di quei ragazzi la fatica di un percorso doloroso e di una impresa impegnativa dal punto di vista psicologico, emotivo e anche fisico. Ma ho letto su quei volti anche la curiosità, l’interesse vero e vivace, e ho ascoltato le loro parole e i loro ragionamenti carichi di consapevolezza, oltre che di angoscia e sdegno, per quanto stavano vedendo e apprendendo”. Il percorso educativo che i ragazzi italiani ed europei affrontano e affronteranno, ha concluso Gattegna, sarà perciò tanto più utile se riuscirà a trasmettere non tanto e non solo le indispensabili nozioni storiche, ma anche e soprattutto valori quali l’importanza del rispetto dei diritti umani, il rifiuto di qualsiasi discriminazione, l’appartenenza di tutte le persone all’unica famiglia umana. La discussione che è seguita, moderata dal consigliere UCEI alla Memoria Victor Magiar che ha messo in risalto, sollecitato da una domanda dal pubblico, come il taglio dell’iniziativa fosse non tanto quello di guardare alla perdita intellettuale e morale subita dall’Europa con l’annientamento di milioni di suoi cittadini ebrei quanto alla lezione che la nuova Europa sorta dalle macerie di Auschwitz abbia tratto da quella tragedia, ha visto come protagonisti il professor Johanes Heil dell’Università di Heidelberg, lo storico Valerio Castronovo, il presidente emerito della Corte Costituzionale Giovanni Maria Flick. Appassionante il percorso tracciato dal professor Heil sull’ebraismo tedesco dall’immediato post Shoah fino ai giorni nostri. Un cammino di consapevolezza e identità che si è spesso scontrato con l’angosciosa domanda “È possibile vivere nella terra degli assassini?” e con altri piccoli e grandi interrogativi della quotidianità. Nodi oggi però in gran parte risolti, afferma il professore, tanto che in Germania parlare di nazismo “non è più un tabu” e l’identità ebraica tedesca del Terzo Millennio, “valicando confini e facendosi collante tra le varie anime che la compongono”, rappresenta un modello, un paradigma tra i più riusciti dell’identità europea. Il professor Castronovo, ordinario di storia contemporanea all’Università di Torino, affronta invece il tema del pericolo sempre più pressante di rinascita e rafforzamento di gruppi razzisti, antisemiti e xenofobi sulla rete e non solo. Si tratta di un fenomeno, commenta rifacendosi a recenti episodi di cronaca, che trae linfa particolare dall’aggravarsi della crisi economico-finanziaria e dalle conseguenti tensioni sociali che oggi affiorano in Italia, in Europa e nel mondo. “Dobbiamo stare attenti, ammonisce Castronovo, perché chi adombra la tesi del complotto ebraico e dell’intellighenzia sionista diffonde tesi populistiche che possono intaccare più strati delle nostre società”. Prende poi la parola Giovanni Maria Flick, tra le personalità maggiormente coinvolte in questi giorni di iniziative dedicate alla Memoria. Il suo intervento arricchisce la riflessione soprattutto su un piano giuridico-legislativo, analizzando cioè cosa l’Europa, dal dopoguerra in poi, sia stata in grado di costruire, nelle sue carte e nelle sue costituzioni, per difendersi contro le teorie che puntano a minare i diritti fondamentali e la dignità delle persone. Flick cita tra gli altri l’articolo 1 della costituzione tedesca, il terzo di quella italiana e la carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, esempio quest’ultima “che il percorso di un’Europa unita passa non solo dalla costruzione di un mercato comune ma anche dalla comune tutela dei diritti”. Flick evidenzia poi come l’attuale crisi economico-finanziaria, inseritasi in un contesto di migrazioni tra popoli molto intenso, stia portando a un preoccupante risveglio dei nazionalismi e a un rifiuto sempre più frequente del diverso. Per contrastare questo trend, esorta, serve una battaglia culturale condivisa, una battaglia che riconosca il ruolo avuto dal rigetto dell’orrore dei lager come punto d’unione dell’Europa dei popoli, dei diritti e dell’interdipendenza economica. Lui stesso, in occasione del cinquantesimo anniversario della Corte Costituzionale, aveva portato l’intera corte ad Auschwitz motivando che chi si occupa dei diritti “non può ignorare né prescindere da una riflessione su quanto vi accadde”. In conclusione di convegno sale sul palco Alberto Mieli, uno dei pochissimi ebrei romani sopravvissuti ad Auschwitz. Rivolto agli studenti del liceo Virgilio presenti in sala, pronuncia poche ma emblematiche parole: “Cari ragazzi, mi auguro che nei vostri sogni non entri mai quello che ho sognato io”. Il pubblico si alza in piedi, un prolungato e commosso applauso chiude la manifestazione.
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Adam Smulevich