Qui Milano – L’eroismo dei Giusti
Nel museo di Yad Vashem si trova una stanza praticamente vuota, immersa nella penombra e nel silenzio. L’unico suono che lo spezza è la voce che scandisce con un ritmo lento e solenne una lunghissima serie di nomi. Un elenco particolarmente triste, perché si tratta dei bambini morti durante la Shoah. Prima di entrare, viene richiesto a ciascun visitatore di memorizzare un nome, uno soltanto, in modo tale che il suo piccolo proprietario possa continuare a vivere nella nostra memoria.
Questo è un po’ anche l’obiettivo dello spettacolo “Il Memorioso”, in scena al Teatro Franco Parenti di Milano fino al 29 gennaio: rievocare e ricordare i nomi dei Giusti, ossia di quelle persone che hanno corso dei rischi per aiutare un altro essere umano. Si tratta di quella che viene definita l’”élite dell’umanità”. Nello specifico, in occasione dell’imminente Giorno della Memoria, si raccontano le storie di uomini e donne non ebrei che hanno aiutato o cercato di aiutare alcuni ebrei a salvarsi dalla Shoah. Sul palco soltanto una cartina geografica dell’Europa, una lavagna, un tavolino e tante scatole piene di oggetti, muti testimoni delle vicende narrate dall’interprete Gabriele Nissim e tratte dai suoi stessi libri Il Tribunale del Bene e La Bontà insensata. Perché accanto alla lunga, tristemente nota schiera di coloro che eseguivano gli ordini, ci fu l’oscura, silenziosa, operosa schiera di coloro che osarono “giudicare personalmente” e agirono di conseguenza. È proprio vero che nessuno ci pensa, nessuno li ricorda. Qualche volta nemmeno gli stessi fortunati che da loro sono stati strappati a morte certa. Viene raccontata ad esempio la storia di un ebreo che, messo al riparo nel retrobottega di un orologiaio ed espatriato alla fine della guerra, si dimenticò totalmente del suo benefattore fino a quando non ne incontrò casualmente la figlia. E fu allora, quarant’anni dopo, che si rivolse a Gariwo, la foresta dei Giusti, associazione onlus nata a Milano nel 2001 su iniziativa di Gabriele Nissim, ebreo, e Pietro Kuciukian, armeno, che produce “Il Memorioso”, e che nacque proprio per ricordare le figure esemplari di resistenza morale ai regimi totalitari nella storia del Novecento. Il progetto della Foresta dei Giusti prevede la costruzione di grandi giardini formati da alberi piantati simbolicamente a nome di ognuno di questi eroi. Eroi nascosti, sconosciuti, la cui ricerca va avanti meticolosa e incessante, perché sono numerosissimi e ogni storia merita di essere raccontata e ricordata.
In questo ambito si colloca anche un’altra iniziativa promossa da Gariwo. In corso questa mattina l’incontro con Yolande Mukagasana, sopravvissuta al genocidio in Rwanda, e la sua salvatrice Jacqueline Mukansonera. Le due donne, insieme a Milano per la prima volta, dialogano con i giovani presenti in sala e raccontano la loro storia di gratitudine e speranza.
Un modo un po’ diverso, insomma, di vivere il Giorno della Memoria. Un cambiamento di prospettiva, che ruota intorno all’interpretazione del concetto di memoria. Perché è vero che è necessario ricordare sempre gli orrori e le vittime: la memoria serve a non permettere che gli errori del passato, una volta caduti nell’oblio, si ripetano. Però è giusto anche ricordare coloro che hanno cercato di opporsi, nel loro piccolo, a questi tragici eventi. Uomini che non hanno rovesciato le sorti della Storia, ma hanno illuminato piccole storie. Dandoci anche la spinta per continuare a credere nella bontà dell’Uomo. Una concezione anche un po’ foscoliana di memoria come garanzia di immortalità, che si compie proprio in virtù del fatto che i comportamenti coraggiosi e altruisti si sedimentano nel ricordo collettivo e, se trovano un terreno propizio, possono arricchire il patrimonio morale dell’umanità.
In fondo, ricordare non richiede un grande sforzo. Non serve che impariamo a memoria elenchi lunghissimi o che studiamo volumi ponderosi. Un nome e un cognome, due piccolissime parole, sono sufficienti, se ognuno di noi decide di applicarsi in questo semplice esercizio. Zalman Lipchin: si chiamava così il bambino il cui nome ho memorizzato a Yad Vashem. A distanza di anni me lo ricordo ancora e lui vive nei miei pensieri.
Francesca Matalon