Qui Milano – Omaggio a Weisz, la Memoria entra in campo

C’erano il Capitano dell’Inter, il Mister, la Signora: Javier Zanetti, Claudio Ranieri, Milly Moratti. C’era l’assessore allo sport del Comune di Milano, Chiara Bisconti, i consiglieri Ruggero Gabbai ed Elisabetta Strada, Matteo Marani che ne ha scritto la biografia dopo tre anni di appassionate ricerche, “Dallo Scudetto ad Auschwitz” (Aliberti, 2007), il Console generale d’Ungheria Istvan Manno. C’erano Roberto Jarach, presidente della Comunità ebraica di Milano, l’assessore alla cultura Daniele Cohen, il consigliere dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Riccardo Hoffman, il consigliere circoscrizionale Yoram Ortona, tutti e quattro appassionati interisti, insieme a un piccolo drappello di iscritti alla Comunità più che mai orgogliosi della propria fede nerazzurra. Tutti insieme per rendere omaggio, nel Giorno della Memoria, a un grande personaggio della storia dello sport, nerazzurra, cittadina, nazionale: Arpad Weisz, allenatore ebreo ungherese che dopo i grandi successi con l’Inter (allora Ambrosiana) e con il Bologna, che portò addirittura sul tetto d’Europa, nel Torneo dell’Esposizione Universale, antenato dell’odierna Champions League, nel 1938 fu costretto a lasciare l’Italia in seguito alle leggi razziste, e nel 1944 fu deportato dall’Olanda ad Auschwitz, dove fu ucciso insieme a tutta la sua famiglia.
“La cultura dello sport è prima di tutto rispetto e tolleranza – ha messo in evidenza l’assessore Bisconti – Milano vuole rinnovare ancora una volta il suo ‘no’ alla violenza e il suo ‘sì’ alla convivenza tra identità e culture diverse, per costruire una città di pace. È la grande lezione dello sport. Figure come quella di Arpad Weisz ci spingono a rinnovare insieme, ogni giorno, questo impegno”.
Una targa posata nel foyer della tribuna rossa di San Siro, lo stadio dedicato proprio a quel Giuseppe Meazza che Weisz fece debuttare a 17 anni in Coppa Volta, ricorderà infatti per sempre ciò che l’allenatore fece per l’Inter e per lo sport italiano, e ciò che fu capace di infliggergli il nazifascismo. “È un onore per me essere qui a ricordare un grande uomo, parte della famiglia Inter e dei valori che spero possano essere d’esempio per tutti i giovani” le parole del capitano Zanetti. “Mi ha fatto impressione leggere che Weisz fu il primo allenatore a mettersi una tuta e scendere in campo con i calciatori – gli ha fatto eco Claudio Ranieri – È una storia importante, che mi auguro aiuti a non dimenticare ciò che è stato”.
Proprio dai giovani, che la storia di Weisz può aiutare a far riflettere sulla Shoah più forse di quanto non facciano libri e conferenze, è partita l’iniziativa: dagli alunni del liceo artistico milanese Umberto Boccioni insieme al loro preside Giuseppe Como. Che hanno segnalato la figura di Weisz di cui avevano letto nel libro di Marani ai consiglieri Gabbai e Strada, che hanno proposto una mozione per la targa commemorativa votata all’unanimità da tutto il Consiglio comunale.
“Accogliere giocatori di varie nazionalità fa da sempre parte del DNA dell’Inter, che scelse il nome Internazionale non a caso, quando fu fondata. L’integrazione è un principio nerazzurro fondamentale, un principio al cui servizio la nostra squadra si porrà sempre – ha sottolineato Milly Moratti. Che a margine dell’incontro, alla proposta di rendere omaggio a Weisz anche nel corso di un incontro al Meazza, magari il prossimo Inter-Bologna in programma la terza settimana di febbraio, perché la storia di Weisz raggiunga l’intero popolo di San Siro, ha accolto l’idea con entusiasmo. Le porte della Scala del calcio si aprono dunque alla Memoria, con un segnale che potrà dare un contributo fondamentale per combattere il razzismo e l’intolleranza che ancora troppo spesso tornano alla ribalta negli stadi italiani.

Rossella Tercatin