Tregua della memoria

Quest’anno le iniziative per la Giornata della Memoria sembrano essersi moltiplicate in modo esponenziale, come ha dimostrato nelle ultime o due tre settimane l’inconsueto affollamento su questa newsletter di notizie riferite a manifestazioni, mostre, concerti, conferenze, convegni, libri, film e molto altro. A Torino (e credo anche in altre città) ogni giorno c’era un evento, spesso più di uno, anche in contemporanea. Su l’Unione informa e su Pagine ebraiche si è discusso molto di questo fenomeno, che nel complesso è stato valutato positivamente. Sicuramente è importante che la Giornata sia diventata con il tempo un’occasione di studio e approfondimento non limitato alla ritualità di una cerimonia. Per noi ebrei, però, il mese di gennaio rischia di diventare una vera e propria maratona, fisicamente faticosa e pesante psicologicamente, soprattutto per chi, come per esempio gli insegnanti o i giornalisti, deve occuparsi della Giornata della Memoria anche in ambito lavorativo. Naturalmente non possiamo e non dobbiamo negare la nostra partecipazione a tutte le iniziative che si svolgono fuori dall’ambiente ebraico, ma spesso le Comunità stesse tendono a organizzare nel mese di gennaio attività connesse con la memoria della Shoah. A volte si approfitta della presenza di qualche ospite illustre, ma nella maggior parte dei casi non c’è un motivo specifico: sembra quasi che le istituzioni ebraiche si sentano in dovere di dedicare il mese di gennaio alla memoria. Perché? Abbiamo il 10 di Tevet, abbiamo Yom HaShoah, e in fin dei conti nessuno ci impedisce di invitare un testimone o di presentare un libro in qualunque momento dell’anno. Non sarebbe meglio se le Comunità ebraiche proclamassero ogni gennaio una sorta di “tregua della memoria”, per permettere ai propri iscritti di partecipare con più facilità alle attività “esterne”? Una tale tregua porterebbe a parlare di più di Shoah negli altri undici mesi? Non lo credo: ci sono comunque occasioni in cui è doveroso parlarne o è semplicemente impossibile non farlo, e tali occasioni si possono presentare in qualunque momento dell’anno; non c’è motivo di concentrarle a gennaio; sta poi a noi fare in modo che la vita culturale delle Comunità non si limiti a quelle, a gennaio come negli altri undici mesi.

Anna Segre, insegnante