…complotti
L’ossessione complottista è tornata a diffondersi nelle convinzioni collettive. Anche se apparentemente lontano “Edgar”, l’ultimo film diretto e sceneggiato da Clint Eastwood è una risposta indiretta, ma efficace, a questa sindrome. “Edgar”, infatti, solo apparentemente riguarda la biografia di un uomo o la storia di un continuo conflitto tra FBI e potere. Il centro del film secondo me offre invece spunti di “riflessione archivistica” e di filosofia dell’archivio raramente radunati con efficacia in un solo prodotto culturale di massa: la centralità degli archivi è il “filo rosso” per tutto il film assieme all’idea che informazione è potere. Non riguarda solo l’utilizzo delle fonti, ma la loro organizzazione, la chiave in codice di dove collocare cose attraverso un sistema di classificazione che deve essere il più clandestino possibile e, alla fine, il vero segreto da tutelare. E che si riassume in alcuni passaggi essenziali del film: nelle raccomandazioni alla segretaria di organizzare l’archivio del nascente FBI secondo un vincolo basato su criteri tenuti nascosti, in modo che non potesse essere capito da alcuno; nella scena finale dove lei distrugge i fascicoli “particolari” a lei affidati; nelle note di coda che sottolineano come abbiamo minima traccia di queste cose grazie a “fascicoli collocati male”. I complotti avvengono nella storia, ma la storia non si spiega con i complotti. Anche se molti ci credono, perché non hanno la voglia, il tempo, e la pazienza di osservare come funziona la vita reale.
David Bidussa, storico sociale delle idee