fiducia…

Al momento di attraversare il Mar Rosso gli ebrei sono incastrati: c’è l’armata egiziana da una parte e il Mar Rosso dall’altra. Il popolo si divide in quattro gruppi. Il primo dice: “…siamo spacciati, dobbiamo arrenderci e tornare schiavi in Egitto…”. Il secondo sostiene: “…gettiamoci in mare e suicidiamoci. E’ meglio morire liberi che vivere come schiavi…”. C’è poi chi incita al combattimento: “…prendiamo in mano il nostro destino, e combattiamo gli Egiziani…”. C’è infine chi dice “…bisogna pregare…”.
In questa drammatica situazione l’Eterno, mostrando di non essere d’accordo con nessuna delle quattro posizioni, ordina a Moshè: “…parla ai figli di Israele e che essi avanzino…”
(Shemòt, 14; 15). Che avanzino nel Mar Rosso, ma non per suicidarsi. Molto spesso ci troviamo di fronte a situazioni in cui ci sembra di essere in un vicolo cieco e senza via d’uscita. Le soluzioni sono sempre queste quattro sebbene alcune più simpatiche di altre. Senza dubbio è meglio pregare che suicidarsi, ed è meglio combattere che arrendersi. Eppure l’Emunà, la fiducia nell’Alto, ci fa intravedere una quinta dimensione, una dimensione dell’impossibile che supera la nostra natura. E proprio perché impossibile è questa dimensione che talvolta va perseguita. Quando un ebreo procede con Emunà anche il Mare si squarcia trasformandosi in un muro protettivo.

Roberto Della Rocca, rabbino