Ama il tuo paese, criticalo

In Italia ci sono persone sensibili e intelligenti e persone volgari: una contraddizione affascinante che abbiamo in comune con voi. Parole del regista israeliano Amos Gitai al Circolo dei Lettori di Torino in occasione della presentazione del libro Storia di una famiglia ebrea, raccolta delle lettere della madre del regista, Efratia Gitai. L’atmosfera (nonostante i soliti volantini che se la prendono per principio con tutto ciò che è “sionista”, cioè israeliano) è cordiale; il saluto del sindaco Fassino sembra più il benvenuto ad un amico che un discorso di circostanza, e infatti sarà citato poco dopo dal regista con un informale “come ha detto Piero…”. I torinesi che hanno osato sfidare il freddo (“io vengo da un posto molto più caldo, in tutti i sensi” ha detto Gitai ringraziandoli) si sono trovati di fronte a un personaggio forse diverso dall’idea che ci si potrebbe fare di lui vedendo i suoi film, pronto alla battuta e autoironico, ma anche appassionato nel discutere sui problemi e sul futuro del suo Paese. Gitai racconta di aver studiato inizialmente architettura per cercare un contatto con il padre da poco scomparso ma di aver optato, dopo l’esperienza nella guerra del Kippur, per un mezzo di comunicazione maggiormente in grado di restituire la dimensione umana delle vicende mediorientali. La generazione dei suoi genitori coltivava il sogno di una società nuova, a cui l’Israele di oggi deve molto. Da sua madre Efratia Gitai sostiene di aver imparato il valore della critica, che a suo parere costituisce l’essenza della cultura ebraica, come dimostra già tremila anni fa l’esempio del profeta Natan che rimprovera il re David. Le critiche servono per migliorare, quindi sono il più grande favore che si possa fare a qualcuno: ama il tuo paese, sii critico.
Parlando del futuro di Israele Gitai prende in giro bonariamente la sua traduttrice, e presentatrice della serata, Elena Loewenthal: “sei ottimista perché vivi a Torino”. Eppure anche Gitai stesso sottolinea la necessità di essere ottimisti nonostante tutto, e cita Rabin che diceva che chi vive in un posto senz’acqua, anche se ha già scavato più pozzi inutilmente, o va a vivere da un’altra parte o non può fare altro che continuare a scavare. L’arma migliore per Israele secondo Gitai è conservare la libertà, la democrazia, i diritti delle minoranze, degli arabi, delle donne, l’indipendenza della Corte Suprema; tutte queste cose garantiscono anche la sicurezza dello Stato; il regista si dichiara fiero del fatto che un Presidente della Repubblica sia stato processato e condannato: una cosa – sottolinea – che non è accaduta ai politici di molti altri Paesi, compresa l’Italia.
Gitai afferma di aver posto alla base del suo film “Terra promessa” un altro insegnamento di sua madre: una società che non rispetta le donne è condannata. Una massima certamente attuale, che potrebbe essere utile anche per l’Italia.

Anna Segre, insegnante