Tea for Two – Elogio della mediocrità
Fuga dalla scuola media è il titolo di uno di quei classici film che viene presentato a un festival indipendente, resta poche settimane nelle sale e prende la polvere in un blockbuster dietro le novità del mese. Il film da noleggiare quando si è quattro amiche con un pomeriggio libero e tanta voglia di gelato in barattolo. Il film che, per l’appunto, le mie colleghe di sventura e io abbiamo visto appena finita la scuola media e mentre ci affacciavamo agli interrogativi del liceo. E questo mi ha fatto riflettere sul traumatico passaggio. Le medie sono un concentrato di brufoli, merendine e veleni. Se alle elementari il sollazzo e la sfida più grande è la recita di Purim, i tre anni a seguire sono un vero banco di prova. Salutare il calore delle morot, seconde mamme, per approdare a un professore a cui dare del lei e che tiene le distanze. Come non ricordare poi che tendenzialmente il professore presta attenzione ai piccoli geni in erba o ai classici pseudo gangster che come un ordigno potrebbero esplodere da un momento all’altro? Io non rientravo in una di queste due categorie, ero la mediocre. Gli insegnanti non si ricordavano spesso di me e gli pseudo gangster con cui non mi ero mai confrontata, si burlavano della mia persona. Chissà poi perché, come se la fase di transizione che ci rende un po’ tutti Gregor Samsa liberi una quantità di cattiveria esorbitante, dia il lasciapassare per l’umiliazione pubblica. Perfino io, che avevo paura di ritorsioni se usavo il torpiloquio, pensavo in maniera più cattiva. Credevo perfino che avrei invitato un giorno tutti coloro che ridevano di me a “C’è posta per te” e Maria De Filippi avrebbe fatto giustizia al posto mio. Fantasie kitsch, bisogna ammetterlo. Allora davvero occorre sottolineare quanto i cosiddetti normali, i tranquilli, i mediocri vadano presi in considerazione. Quanto abbiano bisogno di qualcuno che creda nelle loro capacità, che li elevi nella rigida e implacabile scala sociale che si costruisce alle scuole medie. Il mio professore di matematica del tempo ha visto qualcosa in me. Non ho ancora capito cosa, dal momento che incespico ancora in maniera imbranata nei calcoli. Mi ha fatto apprezzare la mia mediocrità, il mio non essere la prima o la più carina o quella dal sense of humor sfacciato. Ma la vera novità che ha illuminato le mie giornate è aver realizzato che la scuola media finisce. Che chi ti ha sconsigliato vivamente di fare il liceo classico può anche sbagliarsi. Che la mediocrità è semplicemente un dono che permette di farti crescere e di non sentirti arrivata a tredici anni. E allora non c’è bisogno nemmeno di chiamare la De Filippi per emanciparsi. Basta voltarsi e sorridere a quella tredicenne con l’apparecchio e il buon umore di Schopenhauer.
Rachel Silvera, studentessa