…Ungheria

In un’Europa in cui il contribuente tedesco è chiamato a saldare i conti del non-contribuente greco, non è assolutamente chiaro in che direzione evolveranno le identità nazionali: verso una radicalizzazione dei particolarismi nazionali, religiosi, etnici e culturali, o verso un modello integrativo e supernazionale? Una visita in Ungheria in questi giorni è istruttiva, e fornisce indicazioni più del primo che del secondo tipo. È facile incontrare automobili sulle cui targhe appare la mappa della “grande Ungheria” nei confini anteriori alla prima guerra mondiale e non in quelli molto ridotti odierni. È al governo il partito della destra Fidesz (Unione Civica Ungherese) guidato da Victor Orban, ma è in forte aumento il partito dell’estrema destra Jobbik (Movimento per un’Ungheria Migliore) – antiebraico nelle città, antirom nelle campagne. Molti condividono l’opinione che la vicina Slovacchia non sia un vero Stato, che il popolo slovacco non esiste, e che gli insediamenti ungheresi oltre il confine slovacco meritino appoggio morale e politico. In Romania, invece, la minoranza ungherese ha un proprio partito politico che ha fatto parte della coalizione e ha ricoperto posti di governo. Operano a Budapest un segretariato e un’assemblea degli ungheresi all’estero e un dipartimento per l’educazione ungherese nella diaspora. Déja vu?

Sergio Della Pergola, Università Ebraica di Gerusalemme