Tea for Two – Uno shabbat con Inseparabili

Nell’indolenza che mi coglie il venerdì, quando tutti si affrettano per terminare le incombenze che precedono lo Shabbat, sfoglio distrattamente Vanity Fair. E quasi come per magia, Gad Lerner mi comunica dell’uscita del nuovo libro di Alessandro Piperno, Inseparabili, il secondo volume del dittico Il fuoco amico dei ricordi. Era più di un anno che la vicenda di Leo Pontecorvo, lo sfortunato quanto inerme protagonista, mi perseguitava. Dovevo sapere qualcosa in più di Rachel Spizzichino in Pontecorvo. Non aspettavo altro che vedere dove diavolo si erano cacciati i due Pontecorvo junior, Filippo e Samuel. Improvvisamente la prospettiva di uno Shabbat passato a oziare dopo la temibile sessione di esami non era poi così invitante. E allora ecco che Inseparabili si è insinuato nel mio week-end. Ammetto di non essere neutrale. Vi confido anche che non sarò mai una grande critica letteraria dal nome altisonante. Ma Alessandro Piperno per me sarà sempre Alessandro Piperno. Un colpo di fulmine iniziato Con le peggiori intenzioni e continuato con una quantità spropositata di articoli strappati selvaggiamente dal giornale e gelosamente tenuti da parte. Qualsiasi argomento tratti: da Kafka ai mondiali di calcio, da Marie Antoinette a Barney Panofsky non delude. Alessandro Piperno conosce le parole e non ha paura di usarle. I suoi aggettivi ornano ma prendono anche vita (penso a ‘croccante’ o ‘gustoso’ accostati a sostantivi impensabili). Costruzioni complesse e contenuti sagaci creano un cortocircuito che è una gioia per gli occhi. Per quanto Inseparabili sia arditamente perverso in alcuni punti, lasciandomi più volte allibita e sconcertata (ho persino pensato di abbandonare il libro e ripiegare sul più confortante Topolino), non posso fare a meno di continuare imperterrita a sostenere che Piperno sia un narratore di enorme potenza. Un narratore che trasuda Balzac e Tolstoj. Celebra un insolito matrimonio tra pietre miliari della letteratura e cultura fluorescente degli anni ’80. Non lo vedo come un accademico che ha tradito l’élite con best seller da macero, ma come un uomo con una terribile impellenza di raccontare. “Il bello di aver realizzato un’opera di successo è la consapevolezza che – per quanto tu te ne stia a oziare indecorosamente – lei sgobbi in tua vece tutto il santo giorno come un fidato maggiordomo.” Anche i più aggueriti detrattori, che ora si staranno affilando le unghie, non potranno negare l’onestà intellettuale della frase di un grande scrittore come Alessandro Piperno.

Rachel Silvera, studentessa