manna…
Il Signore disse a Mosè: “Ecco, Io farò piovere per voi pane dal cielo; le persone usciranno e raccoglieranno la quantità necessaria per quel giorno, in modo che Io possa metterli alla prova (e vedere) se seguiranno il Mio insegnamento oppure no” (Esodo 16,4). In cosa consisteva la prova a cui veniva sottoposto l’ebreo che ogni giorno usciva dalla propria tenda per andare a raccogliere la manna? Non era questo piuttosto un privilegio toccato agli ebrei durante i quarant’anni di vita nel deserto? Non è forse vero che ognuno spera sempre che la manna possa scendere per lui dal cielo? Ora, questo sembra uno degli insegnamenti di questa storia: ogni mattina gli ebrei uscivano dalla tenda e dovevano avere fede e sperare che anche quella mattina avrebbero trovato la manna cosparsa sul terreno: la dipendenza giornaliera da una elargizione proveniente da altri non è assolutamente augurabile a nessuno, come dicono i Maestri: ”Chi ha il pane nel proprio cesto non è paragonabile a chi non ce l’ha”. A un certo punto, dopo anni di alimentazione basata sulla manna, gli ebrei si lamentarono per la monotonia del cibo. Lamentarsi dopo aver avuto una vita comunque sicura e monotona è un conto, ma vivere ogni giorno nella totale precarietà, senza sapere se si riuscirà a mettere insieme il pranzo con la cena, è un’altra cosa, non augurabile a nessuno. Solo chi ha avuto il pasto e il posto sicuro per un certo tempo, può anche lamentarsi per la monotonia…
Scialom Bahbout, rabbino capo di Napoli